Ottaviano Merenda e Elena Rubinacci, genitori del caduto partigiano di Treviso Giorgio Merenda. |
Perché se da una parte c'è il capofamiglia Ottaviano, militare di professione, ten. colonnello del XIV Corpo d'Armata impegnato in Montenegro con compiti di controguerriglia che, catturato dai tedeschi a Podgorica e internato in Germania si rifiuta di aderire alla RSI, dall'altra c'è il secondo dei tre figli, Paolo, che abbandona l'esercito di Salò e, con tipica azione da guerra civile, viene ricercato dai fascisti della GNR di Treviso, rischiando la fucilazione. C'è poi la figlia primogenita Anna, che lavora al Distretto militare e nel contempo ha contatti con l'antifascista milanese Lia Bellora gravitante attorno al «Raggruppamento nazionale repubblicano socialista che si propone di costituire un ponte tra fascismo e opposizione in funzione antimonarchica e anticapitalista».
Infine c'è Giorgio, il figlio più giovane, militante in una formazione a guida DC, la "Cesare Battisti" di Castelfranco V.to, che viene ucciso a San Marco di Resana mentre lotta contro il tedesco invasore nei giorni dell'insurrezione. La sua morte sembra confermare una visione patriottico-risorgimentale della Resistenza in casa Merenda.
Tanto più che tale visione è ulteriormente sottolineata nell'opuscolo con i discorsi pronunciati in commemorazione della morte di Giorgio dal suo professore del Pio X e da un suo compagno di scuola. (Vedi fra i Documenti ).
Volantino dell'organizzazione partigiana "Fronte della Gioventù", [1944], trovato fra le carte dei fratelli Merenda di Treviso. |
Una lotta di resistenza che è difficile insomma da incasellare sotto una sola motivazione, anche in una famiglia della borghesia urbana il cui capofamiglia è un alto ufficiale dell'esercito.
Il ritorno del padre dalla prigionia e la notizia della morte del figlio
Trascrizione
«21 Agosto [1945]. Seguita il viaggio. … Alle ore 18 entro nello stato austriaco. […] Attendiamo di transitare per la Svizzera.
22 agosto. Alle ore 1,45 giunge il treno dalla Svizzera. Alle ore 3 si parte. Il treno svizzero è molto bello ed i vagoni sono di III classe molto puliti e lussuosi. Si viaggia tutto il mattino. Si attraversa la Svizzera da nord a sud. Nel cantone italiano riceviamo il saluto degli italiani. Alle ore 11 giungiamo a Chiasso da dove, caricati su autocarri, veniamo trasportati a Como. Qui una organizzazione perfetta sia per vettovagliamento come per tutte le altre operazioni rende la nostra permanenza lieta. Si pernotta a Como.
23 agosto. Si parte da Como per Milano. Alle ore 10 giungiamo a Milano da dove si parte per Verona. Qui mi distacco da Job e Vaglio e giungiamo alle ore 22. Si parte da Verona alle ore 23.
24 Agosto. Giungo a Mestre alle ore 4. Alle 5,30 parto da Mestre per Treviso in un treno operaio. Giungo a Treviso con il cuore in sussulto dalla gioia alle ore 7.
Alle ore 7 nell’ufficio del Capo Stazione apprendo la morte del mio amato Giorgio.
Non ho la forza di chiudere queste mie note, questi miei appunti dopo circa 2 anni di infiniti dolori, perché la notizia ferale della perdita del mio amato figlio, caduto eroicamente da partigiano, ha squassato il mio animo. »
DOCUMENTI
Il Bando Graziani del 18 febbraio 1944
Il decreto Mussolini del 18 aprile 1944
3 -10 maggio 1944 - Cinque disertori fucilati. Il comandante del 29° Comando Militare Provinciale (Treviso) della RSI col. Giorgio Milazzo, comunica l'avvenuta "fucilazione alla schiena"di cinque alpini che dopo essersi costituiti al Centro Raccolta Alpini di Conegliano, avevano disertato sull'Appennino emiliano. (Archivio Istresco. n. inv. 15, fondo RSI, fasc. Comminazione Pena di Morte). Fucilazione avvenuta a Parma. Di Luigi Nerotti non si conosce la provenienza*. Degli altri quattro: Oscar Berlanda, operaio e Antonio Nicoletti, bracciante, erano di Crocetta del Montello; Bruno Grespan, operaio, abitava a Nervesa, e Luigi Dal Cin, contadino, a Codognè. (Fregonese, I caduti trevigiani nella guerra di liberazione...). *Nota del 14.4.2020: grazie alla segnalazione di Roberto Fontana conosciamo ora anche il nome corretto e la provenienza del primo alpino fucilato: non Luigi Nerotti ma Luigi Merotto, nato a Giavera del Montello il 5.6.1920. (Cfr. https://www.fondazionersi.org/ Ascolta"Sei minuti all'alba", canzone dedicata da Enzo Jannacci al padre partigiano: un disertore della Repubblica Sociale Italiana passato ai "ribelli" è in procinto di venir fucilato... |
A volte Enzo Jannacci, nei concerti, introduceva questo brano con le parole "Vorrei dedicare
questa canzone a mio padre, è importante ricordare visto che oggi c'è chi oggi confonde la
Repubblica di Salò con la Repubblica di San Marino". (Cfr. il sito Canzoni contro la guerra).
questa canzone a mio padre, è importante ricordare visto che oggi c'è chi oggi confonde la
Repubblica di Salò con la Repubblica di San Marino". (Cfr. il sito Canzoni contro la guerra).
La diserzione dall'esercito della RSI di Paolo Merenda
In morte del partigiano Giorgio Merenda: un opuscolo commemorativo
Al collegio vescovile Pio X di Treviso, dove il partigiano caduto frequentava la terza liceo classico, furono tenuti due discorsi in sua memoria, entrambi alla presenza della mamma e dei fratelli e in assenza del padre ancora in prigionia.
Il primo, di un professore, è di tono intimista e ruota attorno alla personalità di Giorgio “uno fra i più simpatici, e perché no, fra i più biricchini dei miei scolari”. L’insegnante ne ricorda la vivace intelligenza ma al contempo lo scarso impegno nello studio; il fatto che fosse un ribelle, ma “un sano ribelle [che] non era nato per servire” e si faceva vanto del suo sette in condotta.
Dopo l’8 settembre Giorgio Merenda si era maturato e “un velo di tristezza aveva toccato il suo carattere”, e quando arrivò “l’appello della Patria” […], rispose: “Il pensiero costante del padre lontano, che non aveva ceduto, e non aveva avvilito la sua divisa” lo portò a imbracciare le armi combattendo con i patrioti della Battisti e morendo da eroe.
Il ritratto che l'oratore fa del giovane caduto partigiano mira, giustamente, a consolare i familiari presenti, ma non accenna per nulla al fatto che i patrioti con cui Merenda aveva combattuto volevano liberare l’Italia dal fascismo, che fino all’ultimo fu alleato del nazismo.
All’inizio del nuovo anno scolastico*, un compagno di scuola di Giorgio, pronunciò un altro discorso di commemorazione, che occupa nell'opuscolo nove pagine grondanti di una retorica che è francamente difficile distinguere da quella in voga nel passato regime. Vi si ricorda l'Italia di Curtatone e Montanara, quella del Piave e di Vittorio Veneto; si divaga. Si parla di eroismo, del “sacro sangue del Compagno che ha fecondati i nostri cuori e le nostre menti”. Si parla di tutto, ma mai una volta che sia nominata la parola “fascismo”, come se in questa guerra crudele l'Italia fosse precipitata per caso e non per logica conseguenza di un ventennio di dittatura fascista; come se nel collegio Pio X non vi fosse stata per lunghi mesi, fra l’estate del ’44 e la Liberazione, la sede della XX Brigata Nera fascista, che aveva fatto della tortura nei confronti dei partigiani una pratica costante.
In entrambe le commemorazioni, ma in maniera più marcata in quella del compagno di scuola di Giorgio, si può dire che ci sia un evidente tentativo di rimozione dei guasti provocati dal fascismo italiano e dei fatti terribili avvenuti all'interno delle mura del collegio vescovile.
Sì, fra il 1943 e il 1945 in Italia ci fu un nemico, ma uno solo. E straniero. Erano "i tedeschi" che già una volta gli italiani avevano fermato sul Piave, era la "follia tedesca" che nell'aprile del '45 volgeva al "suo fatale epilogo", era la “belva germanica" che aveva "ingoiato con le affamate sue fauci” il povero papà del partigiano Giorgio Merenda.
Ed è proprio per questa testimonianza di un modo monco di analizzare "a caldo" la realtà che l'opuscolo merita la fatica della trascrizione e lo spazio per la pubblicazione.
* Qualcosa non quadra nelle date del primo e del secondo discorso riportate nell'opuscolo.
Il primo risulta pronunciato il 2 maggio 1945 alla presenza della madre e dei fratelli, ma il due maggio (alle ore 16) è il giorno della morte di Giorgio Merenda, nella sezione dell'Ospedale di Castelfranco V.to di Torreselle di Piombino Dese, tre giorni dopo il suo ferimento a S. Marco di Resana.
Il secondo discorso, che risulta pronunciato il 22 ottobre, ricorda il padre Ottaviano che ancora langue in prigionia. Il che non è vero, perché dal diario dell'interessato sappiamo che il suo ritorno a Treviso avvenne il 24 agosto 1945.
In entrambe le commemorazioni, ma in maniera più marcata in quella del compagno di scuola di Giorgio, si può dire che ci sia un evidente tentativo di rimozione dei guasti provocati dal fascismo italiano e dei fatti terribili avvenuti all'interno delle mura del collegio vescovile.
Sì, fra il 1943 e il 1945 in Italia ci fu un nemico, ma uno solo. E straniero. Erano "i tedeschi" che già una volta gli italiani avevano fermato sul Piave, era la "follia tedesca" che nell'aprile del '45 volgeva al "suo fatale epilogo", era la “belva germanica" che aveva "ingoiato con le affamate sue fauci” il povero papà del partigiano Giorgio Merenda.
Ed è proprio per questa testimonianza di un modo monco di analizzare "a caldo" la realtà che l'opuscolo merita la fatica della trascrizione e lo spazio per la pubblicazione.
* Qualcosa non quadra nelle date del primo e del secondo discorso riportate nell'opuscolo.
Il primo risulta pronunciato il 2 maggio 1945 alla presenza della madre e dei fratelli, ma il due maggio (alle ore 16) è il giorno della morte di Giorgio Merenda, nella sezione dell'Ospedale di Castelfranco V.to di Torreselle di Piombino Dese, tre giorni dopo il suo ferimento a S. Marco di Resana.
Il secondo discorso, che risulta pronunciato il 22 ottobre, ricorda il padre Ottaviano che ancora langue in prigionia. Il che non è vero, perché dal diario dell'interessato sappiamo che il suo ritorno a Treviso avvenne il 24 agosto 1945.
Nota: il testo qui riprodotto, nell'opuscolo originale si estendeva su dieci facciate che, per esigenze grafiche, sono state ridotte a sei, senza intaccarne il contenuto. |
Trascrizione
Giorgio Merenda - n. a Napoli il 20 settembre 1925 / m. a Cavasagra (Treviso) il 2 maggio 1945
Commemorazione tenuta dall'Insegnante il 2 maggio 1945, ai compagni di scuola, alla presenza della madre e dei fratelli dell'Eroe - il padre, assente, non aveva ancora fatto ritorno dai campi di prigionia in Germania.