domenica 27 agosto 2023

Gino Simionato, Falco, partigiano "valoroso tra i valorosi, onesto tra gli onesti". (Anpi Treviso, 1947)

Riapro una tantum questo blog perché mi è capitato di leggere su Wikipedia, nella pagina dedicata alla Brigata Wladimiro Paoli, [1] fra le Controversie, questa affermazione: «Tra i nomi più noti vi fu quello di Gino Simionato "Falco", sedicente partigiano » [2].

Ora, tutto si può dire di Gino Simionato ma non che sia stato un partigiano “sedicente”. Semmai, se proprio non si vuol dire che fu un partigiano valoroso, diciamo che fu un partigiano “scomodo”.

O meglio, per citare Dario Battistin autore di una tesi di laurea [3] dal significativo titolo Mignagola, una resa dei conti del ’45, un cui capitolo rielaborato viene riportato alla fine del volume dedicato da Ernesto Brunetta ai fatti della Cartiera [4]: «Il “Falco” subito dopo la guerra divenne un capro espiatorio su cui molti poterono scaricare le proprie responsabilità. Lo stesso movimento partigiano trasse vantaggio dalla personificazione del male in una sola persona, sin dal momento in cui il CLN lo espulse dal Corpo Volontari della Libertà, il 3 maggio 1945, e poi diede ordine di arrestarlo, il 30 maggio».

Passati i giorni della resa dei conti, la memoria del “sanguinario Falco” continuò sottotraccia fra ex fascisti e gente comune e riemerse con virulenza nel 1990 all’uscita di I giorni di Caino di Antonio Serena. Per chi invece dopo l’8 Settembre visse alla macchia, col fiato sul collo dei fascisti, la memoria del Falco fu ben diversa, come testimonia questo articolo pubblicato sul settimanale dell’Anpi di Treviso all’approssimarsi del processo per rapina nei confronti di Simionato nel giugno del 1947.

La Nuova Strada, settimanale dell’Anpi provinciale di Treviso, 12 giugno 1947.



Trascrizione

SI PROCESSA IL "FALCO" 

Si svolgerà nei prossimi giorni avanti la Corte d’Assise di Treviso il dibattimento nel processo a carico di Gino Simionato (Falco). Il valoroso partigiano, che negli ultimi tempi della lotta clandestina era veramente il terrore dei fascisti e dei tedeschi per il suo indomito coraggio, da due anni circa è detenuto presso le nostre carceri. Egli è imputato di rapina continuata aggravata, di sequestro di persona, di associazione a delinquere. In sostanza da parte dell’accusa si vogliono rubricare come reati azioni economiche di carattere prettamente partigiano. Si tratta di un punto di vista: per coloro che combattevano con rischio della loro vita il fascismo nostrano e straniero i prelevamenti con regolare buono si chiamavano requisizioni, per gli altri più o meno nostalgici questi atti si chiamano… rapine.

Nel settembre dello scorso anno è uscita una legge in base alla quale era stabilita la revoca dei mandati di cattura e quindi la conseguente liberazione per quei partigiani a carico dei quali sussistessero imputazioni relative ad atti commessi durante la lotta e il cui carattere fosse anche in parte politico. I difensori di Falco fecero la domanda per ottenere la scarcerazione. Ma si videro rispondere negativamente.

Evidentemente tante persone ancora, e molti magistrati non si rendono conto di quanto hanno dato all’Italia i partigiani, e non sanno di conseguenza interpretare dal punto di vista naturale e logico i fatti di quell’epoca. Non vogliamo pensare che vi sia un preordinato proposito di colpire la categoria partigiana e il significato della congiunta gloriosa epopea; ma confessiamo che ci ha fatto sorridere la vignetta di un giornale umoristico nel quale si vedeva un vecchio magistrato che di notte passeggiava concitato su e giù per la stanza da letto. Perché non dormi? Hai rimorso per aver condannato qualche partigiano? gli chiede la moglie. Peggio, risponde il magistrato, ho condannato un fascista!

Qui il discorso vuol essere più serio, ma non meno aderente alla realtà. Di fronte alle migliaia di fascisti in libera circolazione, di fronte alle brigate nere che hanno ancora le mani lorde di sangue e sono state amnistiate, noi assistiamo oggi al processo contro un Falco, valoroso tra i valorosi, onesto tra gli onesti, che subito dopo la liberazione, povero come prima, venne arrestato mentre era intento a fare il carrettiere per guadagnarsi un misero pane. Il Falco al quale si muove il non provato addebito di aver con la violenza rapinato valori per parecchie centinaia di migliaia di lire! Non sarà mai troppo presto per proclamare la innocenza di questo partigiano.

La Corte di Assise di Treviso ha oggi questo dovere!

* * *

Direttore responsabile del giornale dell’ANPI era Remo Casadei, PCI, ex comandante del  Battaglione autonomo garibaldino Falchi delle Grave, alla vigilia dell’insurrezione [5]. Nello stesso fondo archivistico, conservato nell’Istituto Veneto per la Storia della Resistenza ora CSAREC – Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, risulta che Gino Simionato, alla vigilia dell’insurrezione, era comandante del Distaccamento autonomo d’assalto Garibaldi “Falco” di cui era commissario Alfonso Benedetti “Ferro”, sulla cui figura rimando all’intervista di Dario Battistin [6].


Note

[1] Ultima modifica 6 maggio 2023.

[2] Espressione utilizzata anche nel volume di Ivano  Sartor La Resistenza nel Basso Sile tra Trevigiano e Veneziano, Istresco, 2020. Pagina 357: «In quel periodo continuò a imperversare la truce figura di "Falco", il sanguinario sedicente partigiano della Cartiera di Mignagola»; p. 368, a commento di una foto della liberazione di Roncade: «Presenti il sedicente partigiano e criminale riconosciuto Gino Simionato "Falco"».

Mi soffermo su p. 235: «La sfortuna volle che incappassero nella formazione capeggiata dal sedicente partigiano e criminale riconosciuto “Falco”, cioè Gino Simionato, che poi a fine guerra sarà condannato per le sue efferatezze». 

No, a fine guerra Simionato non sarà condannato per le sue efferatezze, riconosciute come azioni di guerra miranti «alla rappresaglia e allo sterminio contro chi direttamente o indirettamente aveva prestato il proprio braccio o la propria mente al servizio del nemico invasore» e come tali rientranti nell’amnistia del 22.6.1946. Cfr. Sentenza del 31.12.1951 (Tribunale di Treviso) in Ernesto Brunetta, 1945: la Cartiera Burgo e la guerriglia in pianura, Istresco 2009, p. 138, riconfermata – sempre a Treviso – il 24.6.1954, vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Simionato#Il_processo - Simionato sarà invece condannato per l’uccisione del fascista Antonio Chinellato, suo paesano e istruttore durante il “premilitare”, delitto sul quale non ho trovato la sentenza e rimando a Battistin, pp. 163–64. 

Sarà inoltre condannato il 20 giugno 1947 a cinque anni per “rapina aggravata e continuata” in un processo che lo vedeva imputato assieme ad altri sei – tutti difesi dai migliori nomi del Foro trevigiano: Cirillo Boccaliero e Berto Dalla Rosa per Simionato e gli avvocati Nordio, Manuel, Caputo e  Piovan oltre al veneziano Gianquinto per gli altri coimputati. Da notare che – non volendo o non potendo più utilizzare l’amnistia – al termine della lettura della sentenza il presidente dott. Tissi «a nome di tutta la Corte, ha dichiarato essere risultato che il Simionato non ha operato al fine di lucro personale e non si è approfittato in nessuna maniera degli oggetti da lui requisiti, ma che deve rispondere ugualmente di fronte alla legge per non avere impedito in qualità di comandante, che i suoi dipendenti ne traessero un profitto personale». (Il Gazzettino, 21 giugno 1947)

[3] Università di Venezia, relatore Mario Isnenghi, a.a. 2004–2005.

[4] E. Brunetta, 1945: la Cartiera Burgo e la guerriglia in pianura , Istresco, 2009. Titolo del saggio di Battistin Tre interviste sul “Falco”.

[5] IVSR_8_11_1.009.

[6] E. Brunetta, Op. cit., pp. 144–157.

                       


Foglio matricolare di Gino Simionato

matricola 8452 del Distretto di Treviso


Residenza all’atto dell’arruolamento: Preganziol, Via Sambughè 69

Figlio di Luigi e di Borgo Emma […] nato il 7 novembre 1920

Statura m 1,61 – Torace m 0,89 – Capelli castani – Forma ondulati

Viso piatto – Naso rialzato – Mento regolare – Fronte regolare – Colorito roseo

Bocca piccola – Dentatura sana – Segni particolari nessuno

Arte o professione muratore – Se sa leggere sì – scrivere sì – Titolo di studio IV elementare


***

8 febbraio 1939 – Visita di leva

4 febbraio 1940 – Chiamato alle armi e giunto nel 202° Reggimento Artiglieria della 2a Divisione CC/NN “28 Ottobre” del XXIII C. d’A. ed avviato per la vestizione al Deposito 8° Artiglieria di C. d’A. in Cremona

26 febbraio 1940 – Imbarcatosi a Napoli sul piroscafo “Liguria” e sbarcato a Tripoli il 29 febbraio

23 maggio 1940 – Ricoverato all’ospedale militare di Tripoli

11 giugno 1940 – “In territorio dichiarato in istato di guerra per il 202° Reggimento Artiglieria 2a Divisione C.C. N.N. [Camicie Nere] 28 ottobre”

7 luglio 1940 – Dimesso dall’ospedale militare di  Tripoli e trasferito al convalescenziario di Tripoli per giorni 60.

4 agosto 1940 – Dimesso dal convalescenziario, imbarcato nella nave ospedale “California” e sbarcato a Napoli il 7 agosto 1940

10 agosto 1940 – Licenza di convalescenza trascorsa dapprima all’ospedale mil. di Padova poi in quella di Oderzo dove il 25 ottobre 1940 viene “dimesso ed avviato in famiglia per proseguire la licenza di un anno ininterrotta”

9 ottobre 1941 – Comunicata proroga di un anno della licenza dall’ospedale mil. di Padova

A questo punto del foglio matricolare un’ultima riga (a matita) informa: “È impossibile continuare”.


Sul periodo militare e di guerra di Gino, cfr. il racconto del figlio Rudi a Dario Battistin (p. 157). 


L'antifascista Luigi Simionato, padre di Gino Simionato ''Falco''
 nel Casellario Politico Centrale dal 1931 al 1943.
Sugli antifascisti di Treviso e dintorni "attenzionati" dal Regime
si veda un altro mio blog.
Nella stessa pagina Rudi Simionato ricorda l’antifascismo del nonno Luigi, che una volta fu “massacrato di botte” dai fascisti locali in un bar del paese. Violenze, botte e olio di ricino in abbondanza a Luigi Simionato anche nel racconto di Maddalena, sorella di Gino (Idem, pp. 167–168). L’irriducibile antifascismo di Luigi (1893–1944) – padre del partigiano Gino – è ufficializzato dal Casellario Politico Centrale, dove risulta presente dal 1931 alla caduta del fascismo nel 1943.


Luigi Simionato, padre del "Falco", medaglia di bronzo al VM nella Grande Guerra,
perseguitato dai fascisti.

Non è difficile immaginare quali possano essere stati i valori assimilati dal figlio Gino e lo stato d'animo con cui affronterà i venti mesi della "guerra civile".

Necrologio per i morti della cartiera Brunelli,
fra cui Luigi Simionato padre del partigiano Falco.
Il padre del "Falco" operaio alla cartiera Brunelli (zona Fontane) morì il 10 ottobre 1944 in seguito a uno dei tanti bombardamenti alleati su Treviso. Così è registrata la sua morte nel Registro degli Atti di Morte del 1944 del comune di Treviso (Parte Seconda – Serie C  n. 711): «Il giorno dieci del mese di ottobre dell’anno millenovecentoquarantaquattro A. XXII° E.F. alle ore dieci e minuti quindici in Treviso, in conseguenza a ferite per bombardamento aereo, è morto:  Simionato Luigi figlio di Gio. Batta e di fu Alessandrini Maria, nato a Preganziol, residente a Preganziol, di anni cinquantuno, di razza ariana, cittadino italiano, di professione operaio, di stato civile coniugato con Borgo Emma, deceduto in via Corti, Cartiera Brunelli».


A sottolineare l’accanimento di lunga data dei fascisti trevigiani contro il partigiano Gino Simionato “Falco” c'è inoltre l’incursione di Sambughè nella notte fra il 3 e il 4 ottobre 1944, una settimana prima della morte del padre. In quell'occasione numerose brigate nere - guidate da Bruno e Massimo Cappellin - entrarono in paese sparando e provocando la morte del «Milite scelto Favretto Giuseppe assieme al di lui fratello Giovanni» che erano scesi in strada per affrontare quelli che presumevano fossero dei ladri.

I fascisti in realtà cercavano «Simionato Gino soprannominato “Boriccio”, presunto Capo banda di ladri» come relazionò il commissario prefettizio di Preganziol Lorenzo Biral alla Procura di Stato, il giorno successivo.

Sui fatti di Sambughè – scrive Federico Maistrello – il settimanale delle BB.NN. “Audacia” capovolse la realtà, incolpando i partigiani che «travestiti da squadristi, dopo aver messo a soqquadro l’intero paese e aver trafugato denaro e vestiario in alcune case, fra cui quella del parroco, avevano ucciso brutalmente due giovani, i fratelli Favretto, perché avevano cercato di fare resistenza».

Va da sé che, in tanto bailamme, il Falco – ammesso che fosse in paese – fece in tempo a prendere il volo, anche per il netto (e significativo) rifiuto del parroco di Sambughè, don Pellegrino Agnoletto, di indicare alle brigate nere la sua casa.


Sull’episodio: F. Maistrello, XX Brigata nera… , pp. 102–103; Relazione Biral, Archivio Istresco, ID 806 – n. invent. 076; Cronache di Guerra… , Parrocchia di Sambughè, pp. 1542–43.