lunedì 17 marzo 2014

Ultimi spari sulla Noalese

Tutto il 29 aprile 1945,  lungo la strada fra Padova e Treviso, fu un susseguirsi di soldati tedeschi in ritirata: erano gli ultimi, ed ormai gli alleati li inseguivano con il fiato sul collo.
Alle 17, nei pressi della fornace Rossi, ai confini fra Zero Branco e Quinto ci furono  degli spari.



Zero Branco, strada Noalese, 1940 ca. - Tavoletta IGM 1:25.000
Il luogo, presso le fornaci Rossi, in cui furono uccisi dai tedeschi in ritirata
il partigiano Angelo Bof e il bambino Carlo Fascina, di 9 anni.

Racconta G., un abitante del luogo (1):
«Venivano giù i tedeschi in bicicletta, in bicicletta e con i camion. I partigiani hanno fatto una sparatoria per fregargli le gomme dei camion, per portargli via la roba.
I tedeschi in bicicletta che erano più avanti si sono fermati e sono tornati indietro e hanno fatto un rastrellamento. Mio papà si è nascosto sotto el fascinèr de egne [la legnaia]. Tutti gli uomini sono spariti, ma ne hanno beccato due e li hanno uccisi. Uno era un bambino, e prima di sparargli gli hanno messo un panéto de pan [un pezzo di pane] in bocca». 
Ancora una volta, come già avvenuto in mattinata al Gambero, un atteggiamento oltraggioso nei confronti delle vittime (2).


Zero Branco, strada Noalese. (Google Street View 2014)
Sulla destra, in direzione di Treviso, il luogo in cui furono uccisi
Carlo Fascina (al termine della stradina privata in primo piano) e
Angelo Bof all'altezza della casa sulla curva.

La testimonianza non è di prima mano: chi parla cioè non era presente ai fatti e riferisce il racconto del padre, operaio nella vicina fornace. Ma proprio per questo è interessante, perché dimostra quanto nel narratore sia sedimentata la convinzione che i partigiani abbiano sparato ai tedeschi per “portargli via la roba” , “per fregargli le gomme dei camion”.
Non importa che nella realtà i partigiani stessero eseguendo, pagandolo a caro prezzo, l’ordine d’insurrezione generale dato dal Comando Militare Regionale del Cln che prevedeva di disarmare “le forze armate nazifasciste”, di bloccare “tutte le strade che conducono alla montagna” ed esplicitamente di sequestrare e tenere a disposizione dei comandi militari e dei C.L.N. “tutti gli automezzi del nemico”.
La logica con cui questo testimone - uomo comune, senza particolare preparazione culturale - riporta l’episodio della guerra di liberazione avvenuto a Zero Branco non è tuttavia dissimile da quella che sta sotto alla ricostruzione fatta da Angelo Ceron - uomo di cultura - di quanto avvenne il giorno successivo a Trevignano, dove un reparto tedesco tenne in ostaggio per quasi tutta la giornata 37 civili del luogo.
Questo l’incipit del racconto di Ceron:
«Due cavalli rubati, quattro tedeschi fatti prigionieri. Inizia così, lunedì 30 aprile del 1945, ultimo giorno di guerra, l’episodio degli ostaggi di Trevignano e di Falzè.
Quella mattina […] i partigiani rubano due cavalli dei tedeschi… ».
A questo punto una nota a piè di pagina, per mitigare un po’ il giudizio negativo dell’apertura, spiega:
«Rubare i cavalli ai tedeschi era un gesto di ostilità bellica. Ma era anche un modo per procurare carne da vendere alla popolazione…» (3).
In una sola pagina, e all'inizio del capitolo, per ben tre volte viene ripetuto che i partigiani hanno rubato. Sia pure - dicono loro - a fin di bene.
L’assioma “partigiani = ladri” non conosce differenze culturali.


Zero Branco, via Treviso, dietro l'ex fornace "nuova" di Carlesso,
ai bordi dello stagno che ha preso il posto del "monte" di argilla
si intravede la base in cemento del cippo marmoreo
eretto poco dopo la guerra in memoria di Carlo Fascina. (Foto 21.2.2014)

Santino funebre di Carlo Fascina, 9 anni (17.3.1936 / 29.4.1945)
ucciso a Zero Branco loc. Fornaci dai tedeschi in ritirata.

TESTO: "Come fiore reciso dalla falce
che pareggia tutte le erbe del prato
cadeva con il sorriso sulle labbra
inconscio - innocente
Carletto Fascina
d'anni 9
sotto i colpi di mitragliatrice tedesca" [...]

Per i due morti alle fornaci di Zero l’anagrafe comunale, usa la stessa formula “morto in strada Noalese per Quinto alle ore 17 - da ferita d’arma da fuoco”.
Entrambi abitavano a poca distanza da dove furono uccisi.
Carlo Fascina, 9 anni, figlio di Rita (classe 1913) abitava in via Guidini.
Angelo Bof, contadino, 21 anni abitava in via Bettin ed era figlio di Innocente e di Maria Stramare, trasferitisi a Zero nel 1927 da Segusino. Angelo era sposato con Amelia Feltrin e aveva due figli: Clara e Ernesto.
Sia Fascina sia Bof sono ricordati nel libro di Elio Fregonese dedicato ai caduti partigiani di Treviso.
Per il primo viene usata la formula generica di caduto “Per la causa della Libertà”, mentre la brigata Negrin lo colloca fra i suoi caduti quale "partigiano ad honorem".


Fascina Carlo, anni 9, Zero Branco TV, ucciso il 29 aprile 1945
ai bordi della strada Noalese. Partigiano ''ad honorem'' della Brigata Negrin.
(Aistresco, b. inv. 24, fasc. Elenco Caduti della Divisione Sabatucci, feriti compresi)

Questa invece la scheda di Angelo Bof  
- in Fregonese, I caduti trevigiani...:
«Partigiano Combattente - Brg. Negrin - Div. Sabatucci. […] A seguito di scontro a fuoco con un reparto di SS tedesche in ripiegamento, in località Fornaci, veniva colpito a morte».
- nell'elenco dei caduti della Divisione Sabatucci, Brigata Negrin:
«Bof Angelo di Innocente, nato a Segusino l'8 Maggio 1923. Domicilio a Zero Branco. Caduto in combattimento nella zona di Quinto, contro una colonna tedesca in ritirata».

Angelo Bof, partigiano.
Segusino 8 maggio 1923 - Zero Branco 29 aprile 1945

In precedenza, nel novembre-dicembre 1944, Bof risulta aggregato nella formazione partigiana "Bianco", al comando di Danton, che operava tra Valdobbiadene e Segusino (4).  
La figlia Clara conferma che suo padre era sì partigiano, ma che quel giorno - così ha sempre sentito dire da sua madre - era uscito di casa senza armi. Un’affermazione frutto - con tutta probabilità -  di una strategia difensiva messa in atto dalla madre per salvaguardare il buon nome del padre dalle malelingue del paese.
In via Bettin, una vicina della famiglia Bof non ha infatti dubbi su come in realtà siano andate le cose e così commenta la morte del partigiano:
«Poteva starsene a  casa ad aiutare suo padre a mungere le mucche. È morto perché ha voluto.
In Russia [i soldati italiani] hanno dovuto andarci … invece lui, con la stessa arma che aveva in mano lo hanno ammazzato, lasciando una vedova e due figli …» (5).

Zero Branco, via Treviso (Strada Noalese). Un abitante del luogo
indica il punto - all'altezza di un cespuglio sempreverde - dove si
trovava il cippo in memoria del partigiano Angelo Bof. (Foto 21.2.2014)

Sul luogo dell’uccisione furono collocati nell'immediato dopoguerra due cippi in marmo, su base di cemento e a forma di piccola colonna tronca (6). Purtroppo dei due cippi non c’è più traccia, se non nella memoria della figlia e dei pochi abitanti del luogo, a causa di scavi e movimentazione di terreno che nei decenni successivi hanno interessato tutta l'area .


NOTE
(1) Sintesi della testimonianza registrata a Zero Branco, via Treviso, il 21 febbraio 2014. File 14022105, dai minuti 01’38’’ a 03’34’’.
(2) In quell'infilare un pezzo di pane in bocca al bambino traspare non solo il disprezzo verso il singolo ma anche verso gli italiani tutti, quei “morti di fame” che si permettono di tendere agguati - e per di più senza divisa - a quello che si considerava il più forte degli eserciti.
(3) Angelo Ceron, “Gli ostaggi e il capitello di via Cornarotta” in Trevignano 1945, I fatti della Liberazione, Comune di Trevignano 2005, p. 116.
(4) Nicoletti, 1999, p. 291.
(5) Testimonianza raccolta in via Bettin a Zero Branco il 21 febbraio 2014. File 14022101, minuto 10’54. Le cause di tanta acredine sarebbero da approfondire. Non è infatti da escludere che - almeno in parte - risalgano ancora ai tempi dell’arrivo in paese, negli anni ’20, di questi foresti venuti dalla montagna e mai del tutto accettati. Cfr. il contrastato ingresso dei “furlani” di Sarmede in una campagna della vicina località di S. Angelo, nel 1923.
(6) Come quelli dedicati a Marco Graziati e Anelido Bosello (uccisi dalla brigate nere) e visibili in via Morgana fra Santa Cristina di Quinto e Istrana.

Nessun commento:

Posta un commento