Fra i cinquantasei caduti partigiani ricordati nel monumento/mausoleo di Treviso, ve n’è uno, Pietro Lenorose, catturato e impiccato durante il rastrellamento del Grappa.
Dopo aver individuato il luogo in cui fu ucciso, a Levada di Pederobba [1], mi sono recato sul posto, dove ho avuto la fortuna di incontrare una persona, Graziano Covolan, che pur non essendo testimone diretto del fatto, sulla base dei racconti del padre Zenone, partigiano della Matteotti, mi ha spiegato la dinamica dell’impiccagione di Lenorose, parlandomi del camion proveniente da Onigo e diretto a Cornuda, con "i fascisti che impiccavano e i tedeschi che facevano la guardia" [2].
Per approfondire e appurare la veridicità del racconto di Covolan sono ricorso alla “Cronistoria di guerra” dei parroci del luogo.
Don Govanni De Faveri, parroco di Onigo:
«Il 25 settembre del 1944 si era nel mio studio e alle 10 ¾ arriva uno dei nostri soldati [italiani della RSI] armato e mi invita nel piazzale della Chiesa ad assistere i giustiziati, che erano stati presi nel rastrellamento del Grappa, vi accorsi e cominciai a confessare il primo che dovea essere impiccato in un pallo della piazza di Onigo, egli proveniva da Romano degli Ezzelini – altri due furono giustiziati a Levada di Onigo uno era di Cittadella di Padova, un altro di Mussolente. Fui trasportato con altri quattro che subiro[no] la stessa sorte, a Cornuda. Tutti sette si sono confessati ed ho impartito la benedizione in articulo mortis. Quelli giustiziati ad Onigo venne dato ordine che fossero sepolti senza la cassa, gettati tutti e tre in una fossa del Cimitero di Onigo. Appena terminata la guerra le loro famiglie sono venuti a prendere i loro cadaveri e trasportati al cimitero di loro dimora [3].
Sono passati appena due giorni dal fatto sopradescritto e in auto mi condussero un ragazzo proveniente da S. Nazzario di Vicenza, che subì la stessa morte dei precedenti nella parte esterna del palazzo municipale di Pederobba sito in Onigo, questi pure fu da me confessato e apparecchiato alla morte, e sepolto ad Onigo senza cassa e poi trasportato dai parenti a S. Nazzario. I tedesc[h]i ed i nostri erano del partito degli S.S., ed erano i nostri che preparavano il nodo scorsoio, e salivano la scala per fare la nefanda opera con un cinismo ributtante!» [4]. Si veda al riguardo la ricostruzione della tecnica dell'impiccagione in MONTE GRAPPA 1944, di Giuseppe Taffarel.
Don Antonio Sartor arciprete di Cornuda:
«Quattro sono i giovani impiccati nelle vie del paese. La popolazione è terrorizzata, però non nasconde la sua pietà per le vittime. Il parroco provvede a deporle dal patibolo e a dar loro onorata sepoltura e a celebrare suffragi. Le loro tombe da allora saranno coperte di fiori freschi e visitate tutti i giorni dai fedeli» [5].
Don Sartor, aveva in precedenza accennato al clima che regnava a Cornuda dopo l’8 settembre 1943.
«I rastrellamenti si seguono l’uno dietro l’altro. I giovani sono nascosti in soffitta, vivono nei campi protetti dalla folta vegetazione, riparano nelle colline o sul Grappa. I militi della Repubblica dànno loro la caccia coi cani» [6].
Note
[1] Grazie alla segnalazione del vicentino Luciano Vallortigara.
[2] Covolan ha inoltre precisato che a capo degli impiccatori era uno «da Cornuda.
- Il nome non lo ricorda?
Non lo ricordo più, [ma] questo ha anche fatto carriera, diceva mio papà, ha fatto carriera dopo la guerra».
Intervista a Graziano Covolan, Levada di Onigo, classe 1953, 30 giugno 2018, file audio 18063002, 13:14.
Ancora Covolan: Dopo la guerra [negli anni '70 circa] «mi ricordo che uno zio di Lenorose - dall'Australia - è venuto qui da noi. Mio papà gli ha detto nome e cognome di chi era stato. Penso che lo zio sia anche andato a trovarlo, ma mi pare che fosse già morto». Idem., file 18062704, 02:12.
[3] I loro atti di morte sono infatti registrati dal comune di Pederobba l'11 giugno 1945 (Simioni e Lenorose) e il 30 agosto 1945 (Mascotto). Per tutti e tre (Arcisio Simioni, Pietro Lenorose e Giuseppe Antonio Mascotto) l'impiccagione è registrata come avvenuta alle ore tredici.
Note
[1] Grazie alla segnalazione del vicentino Luciano Vallortigara.
[2] Covolan ha inoltre precisato che a capo degli impiccatori era uno «da Cornuda.
- Il nome non lo ricorda?
Non lo ricordo più, [ma] questo ha anche fatto carriera, diceva mio papà, ha fatto carriera dopo la guerra».
Intervista a Graziano Covolan, Levada di Onigo, classe 1953, 30 giugno 2018, file audio 18063002, 13:14.
Ancora Covolan: Dopo la guerra [negli anni '70 circa] «mi ricordo che uno zio di Lenorose - dall'Australia - è venuto qui da noi. Mio papà gli ha detto nome e cognome di chi era stato. Penso che lo zio sia anche andato a trovarlo, ma mi pare che fosse già morto». Idem., file 18062704, 02:12.
[3] I loro atti di morte sono infatti registrati dal comune di Pederobba l'11 giugno 1945 (Simioni e Lenorose) e il 30 agosto 1945 (Mascotto). Per tutti e tre (Arcisio Simioni, Pietro Lenorose e Giuseppe Antonio Mascotto) l'impiccagione è registrata come avvenuta alle ore tredici.
[4] Cronistorie di guerra … 1939-1945 … , a c. di Erika Lorenzon, pp. 469-70.
[5] Idem, p. 428.
[6] Ibidem.
[6] Ibidem.
Gli impiccati del 25 settembre 1944: i luoghi e i cippi della memoria
N. B. L'itinerario da Onigo e Cornuda è stato ricostruito con l'aiuto di Graziano Covolan (Levada di Pederobba); l'ordine delle impiccagioni a Cornuda (numeri 4-5-6-7) è disposto sulla base della convinzione di chi scrive, considerando il percorso, per arrivare a Cornuda, del camion con i condannati a morte.
Partigiani di Treviso - Pietro Lenorose, il secondo dei sette partigiani impiccati lunedì 25 settembre 1944 fra Onigo di Pederobba e Cornuda TV - (Foto: 30 giugno 2018). Nell'atto di morte — in cui risulta nato a Treviso ma non sono riportati i nomi dei genitori né la data di nascita (3.3.1925, che conosciamo dal foglio matricolare) — è indicato come "operaio". (Rastrellamento nazifascista del Grappa, settembre 1944) |
Un'immagine di Giuseppe [Antonio] Mascotto tratta dal libro Dal Brenta al Piave, 1943-1945, edito nel 1946 dal CLN di Bassano. |
Piazza Marconi a Cornuda, punto d'arrivo del "camion degli impiccati" partito da Onigo di Pederobba
verso mezzogiorno del 25 settembre 1944. I due partigiani Camazzola e Fondrini vengono appesi a un
poggiolo della residenza dello squadrista e filandiere Gino Serena, padre dello storico Antonio Serena. Per l'attività di fascista antemarcia di Gino Serena e l'albero genealogico della famiglia, vedi il sito http://www.filandaserena.it/famiglia.html [Consultazione e Screenshot: 3 luglio 2018 ] . Per la qualifica di squadrista ottenuta da "Serena Giovanni Gino fu Antonio", data di iscrizione al P.N.F. 20.12.1920, in forza al fascio di Cornuda, cfr. Sqvadristi a noi! Squadrismo nella Marca Trevigiana [...]. (Foto: Google Street View, giugno 2011) |
Camazzola Luigi e Fondrini Attilio: i due ultimi partigiani sono impiccati - quasi un rito sacrificale -
al poggiolo che guarda su piazza Marconi della casa abitata da un maggiorente di Cornuda,
il filandiere e squadrista Gino Serena, e da sua moglie Cesarina Boiso. Su Cesarina Boiso, madre dello storico Antonio Serena, vedi http://www.filandaserena.it/famiglia.html [Consultazione e Screenshot: 3 luglio 2018]. Nel sito è anche consultabile un'ampia galleria fotografica relativa all'illustre famiglia cornudese. Sui momenti precedenti all'impiccagione di Camazzola e Fondrini cfr. la testimonianza della Boiso in Antonio Serena, I fantasmi del Cansiglio [...], III ediz., 2014, pp. 102-103 e nota 58 p. 249. [Foto: 30 giugno 2018] (Rastrellamento nazifascista del Grappa, settembre 1944) |
Sull'impiccagione di Camazzola e Fondrini riportiamo integralmente (imprecisioni, omissis e n.d.r. compresi) l'impressionante testimonianza di Dora Renza Cingolani, all'epoca quindicenne, che in quel pomeriggio, mentre stava recandosi alla farmacia in piazza a Cornuda assieme all'amica Maria De Nadai, fu fermata dai fascisti impegnati "ad allestire le forche": «Ci bloccarono i militi della X MAS, ragazzi molto giovani, il cui comandante avrà avuto una trentina d'anni. Questi ci obbligò ad assistere all'impiccagione di due partigiani sul poggiolo di (... omissis). Il primo (n.d.r.. Luigi Camazzola, di Romano d'Ezzelino) è stato impiccato con la corda, il secondo, più giovane, un biondino di circa vent'anni, fu appeso con un gancio da macellaio. Non potevamo andarcene finché non fosse spirato. Chiamava lentamente la mamma e diventava sempre più cianotico: alla fine spirò. Solo dopo la morte di questo giovane ci permisero di allontanarci. Successivamente seppi che nella stessa giornata impiccarono altri tre partigiani. Dopo la morte del giovane appeso ad un gancio, la madre del ragazzo impazzì dal dolore, essendo il suo unico figlio. Si chiamava Attilio Frondini, di Olmo al Brembo (Bergamo). Quando il ricordo mi assale, sono scossa da brividi e questo ricordo rimane indelebile nella mia mente. Voglio rendere pubblica questa testimonianza affinché la memoria contribuisca a non dimenticare la storia».*
* «Testimonianza autografa della signora Dora Renza Cingolani, classe 1929, di Maser (TV), rilasciata il 17 luglio 2002 al presidente provinciale dell'A.N.P.I. di Treviso sig. Umberto Lorenzoni, il quale ne ha gentilmente fornito una copia all'Autore». Da Assalto al Monte Grappa. Settembre 1944, il rastrellamento nazifascista del Grappa nei documenti italiani, inglesi e tedeschi, di Lorenzo Capovilla e Federico Maistrello, Istresco, Treviso, 2011, pp. 30-31.
I sette impiccati del 25 settembre 1944 fra Onigo di Pederobba e Cornuda
Notizie tratte da Studi Storici Giovanni Anapoli, Facebook, post del 18 settembre 2016
«18-29 settembre 1944: Operazione “Piave” – “il massacro del Grappa”
(Pedemontana e Massiccio del Grappa).
2^ PARTE. Le vittime».
[Tra parentesi quadre: particolari aggiornati dal curatore di questa pagina dopo una ricognizione
sui luoghi - 30.6.2018 - e la consultazione - ove possibile - degli atti anagrafici].
Nell’ordine di impiccagione
1 - Arcisio Giovanni Simioni “Rosso”, [nato a Cittadella il 5.9.1924, studente], residente a Cittadella (Pd) [figlio di Virginio (agricoltore) e Rizzo Elisa (casalinga)], partigiano della Brigata “Italia Libera Campo Croce”; condannato dal “tribunale di guerra” di Quero (Bl) e trasferito a Pederobba (Tv) con il “camion della morte”, è impiccato il 25.9.44, [a un palo della piazza di Onigo di Pederobba]
2 - Pietro Lenorose “Disegna”, [nato a Treviso 3.3.1925, operaio], residente a Romano di Ezzelino, partigiano della Brigata “Italia Libera Campo Croce”; condannato dal “tribunale di guerra” di Quero (Bl) e trasferito a Pederobba (Tv) con il “camion della morte”, è impiccato il [25.9.1944] nei pressi del passaggio a livello di Levada di Pederobba [via D’Annunzio].
3 - Giuseppe Antonio Mascotto di Francesco, [nato a Mussolente il 6.3.1924, agente privato, figlio di Francesco (esattore) e Agnese Biasion, (casalinga)], residente a Mussolente, partigiano della Brigata “Italia Libera Campo Croce” e Medaglia d’argento al Valor Militare; condannato dal “tribunale di guerra” di Quero (Bl) e trasferito a Pederobba (Tv) con il “camion della morte”, è impiccato il 25.9.44 a [Covolo] di Pederobba, in via D’Annunzio.
4 - [“Partigiano ignoto del Grappa”, impiccato presso la stazione ferroviaria di Cornuda il 25.9.1944].
5 - [Giocondo Zilio, impiccato nel centro di Cornuda nell’attuale piazza Giovanni XXIII, angolo con la via che gli è stata intitolata. Testo della lapide in sua memoria: «Qui il 25 settembre 1944 / fu impiccato / dai nazifascisti / il partigiano / Zilio Giocondo / di anni 18 / da Romano d’Ezzelino».
Giocondo Zilio era nato il 29 maggio 1926 (Estratto dell'Atto d Nascita - Comune di Romano d'Ezzelino)].
Giocondo Zilio era nato il 29 maggio 1926 (Estratto dell'Atto d Nascita - Comune di Romano d'Ezzelino)].
6 - Luigi Camazzola di Mansueto, cl.24, nato in America e residente a Romano d’Ezzelino, partigiano della Brigata ‘Matteotti’; condannato dal “tribunale di guerra” di Quero (Bl) e trasferito a Cornuda (Tv) con il “camion della morte”, il 25.9.44, è impiccato in [Piazza Marconi, Palazzo Serena < foto attuale > ] dai militi del Btg. “NP” della [ Xa] Mas.
7 - Attilio Fondrini […] condannato dal “tribunale di guerra” di Quero (Bl) e trasferito a Cornuda (Tv) con il “camion della morte” il 25.9.44, è appeso a un gancio da macellaio dai militi del Btg. “NP” della [Xa] Mas, che lo condannano a una lunga agonia. [Impiccato nello stesso poggiolo di Casa Serena, a fianco di Luigi Camazzola].
Testo della lapide: «Brigata G. Matteotti / impiccato dai nazi - fascisti / sul davanzale di questa finestra / immolava la sua giovinezza / il patriota martire / Fondrini Attilio / di Ernesto / Olmo al Brembo (Bergamo) / La famiglia pose 25 - 9 - 1944».
[Dall'atto di morte stilato dal Comune di Olmo al Brembo il 14 giugno 1945: Attilio Fondrini, figlio di Ernesto e di Cesarina Fognini, 19 anni, operaio. Impiccagione avvenuta «alle ore Tredici e minuti Zero»].
Testo della lapide: «Brigata G. Matteotti / impiccato dai nazi - fascisti / sul davanzale di questa finestra / immolava la sua giovinezza / il patriota martire / Fondrini Attilio / di Ernesto / Olmo al Brembo (Bergamo) / La famiglia pose 25 - 9 - 1944».
[Dall'atto di morte stilato dal Comune di Olmo al Brembo il 14 giugno 1945: Attilio Fondrini, figlio di Ernesto e di Cesarina Fognini, 19 anni, operaio. Impiccagione avvenuta «alle ore Tredici e minuti Zero»].
Camillo Pavan, nostalgico partigiano comunista, non scrive degli alpini della RSI assassinati sul Grappa dai suoi compagni: si sofferma solo sulla vendetta della rappresaglia tedesca, ignorando i fatti precedenti. Dimentica che molti degli impiccati erano ex fascisti che avevano tradito dopo essere stati catturati dai partigiani. Lo storico ignora che il massacro del Grappa fu la conseguenza della folle decisione dei comandi partigiani del Grappa di rifiutare l' invito tedesco ai partigiani a ritirarsi prima del rastrellamento. Le responsdabilità dei vari impiccati è unicamente dei comandi partigiani, manovrati dalle missioni alleate (Brietsche). Questo è storicamente riconosciuto da diverse e qualificate fonti partigiane (Opocher). Questo Pavan vada a parlare con la gente di Seren e di Cismon che gli spiegherà la versa storia del rastrellamento del Grappa.
RispondiEliminaSì, questo Pavan è una vecchia conoscenza. Ce l 'ha col senatore Serena che ha scritto degli importanti libri sui crimini partigiani e fa un po' di confusione col padre, con l' impiccagione di due partigiani su palazzo Serena ecc....Non ha letto nemmeno i libri dei partigiani, come "I giorni della liberazione di Caerano S.Marco" di Giorgio Morlin che parla della fine della guerra a Cornuda, dove c'è un'ampia testimonianza del ca. Gino Serena. Céline scriveva: "in democrazia anche un buco di culo si crede Giove". Questo presunto storico è passato dai libri sul radicchio ai libri sui partigiani.
RispondiEliminaBuon appetito! Aldo Marinello
Ho dimenticato la mia firma sull' inserzione del 22 dicembre, ore 00,10.
RispondiEliminaMaurizio Dal Santo
ma basta demagogia. La responsabilità degli impiccati del Grappa va ascritta a chi li mando' al massacro quei giovani disertori affkuiti in grappa solo per evitare di partire militari.Completamente disarmati cadendo nel tranello dell maggiore della missione inglese Brietsche che voleva che tedeschi e fascisti combattessero tenendo impegnati fascisti e tedeschi per evirare che andassero a combattere contro inglesi e tedeschi sul fronte di Cassino. Continuano a far vedere le scene degli impiccati, fucilati secondo le leggi di guerra in modo certamente crudele, ma non contra-legem, tantè che nel dopoguerra furono tutti assolti. Questi comunisti continuano a voler occuèpare la scena con dei falsi storici.
RispondiEliminaI Caduti del Grappa rano tutti partigiani colti con le armi in mano e quindi suscettibili, secondo le Convenzioni dell' Aia, di spopressione. I tedeschi li aveva invitati a sfollare il Grappa senza conseguenze come successe nei rastrellamenti di Pietena, di Asiago e del Cansiglio, ma qui non accettarono. Chi non accetto: Il capo del Comando Unico partigiano del Grappa avv. Pasini, il miliardario "conte rosso" Giovanni Tonetti, famoso ciminale e terrorista (fece saltare la sede della GNR di Venezia coinvolgendo fascisti a civili che passavano di là). Loro, assieme alla missione Brietsche, furono i responsabili della caneficina!
RispondiEliminaEh già...Dicevano nel 1968: quando il dito indica il cielo, l' imbecille guarda il dito. Poi, questi storici da operetta al servizio dell' ANPIandranno ad occupare per motivi di riscompensa politica i posti di insegnamento nelle università italiane. Pazzesco!Basta finanziamenti all' ANPI e ai clan resistenziali!!!
RispondiEliminaLuciano Sonego
Oh, finalmente una bella notizia.
EliminaIn quanto storico da operetta al servizio dell’ANPI mi spetterebbe per motivi di ricompensa politica un bel posto di insegnamento nelle università italiane.
E io che non ci avevo mai pensato. Pazzesco!
Devo affrettarmi, per motivi anagrafici, a inviare una vibrata protesta ai clan resistenziali.
EHI PAVAN, STORICO DEL RADICCHIO, SEI ANCORA VIVO? GUARDA CHE CE' DA AGGIORNARE LA FOTO IN PIAZZA MARCONI A CORNUDA, CASA DEL PROF. SERENA, STORICO SAGGISTA PARLAMENTARE. VIENI A SCATTARE LA FOTO, CE' LA FOTO E LA LAPIDE DEL DOTT. TERZO BURATTO MASSACRATO DAGLI EROI PARTIGIANI E POI RICONOSCIUTO INNOCENTE IN TRE GRADI DI GIUDIZIO. VIEN, VIENI A FARE LA FOTO, TU CHE SEI OBIETTIVO! COMUNISTI ASSASSINI DI FASCISTI CIVILI E PARTIGIANI, LADRI E FARABUTTI!
RispondiEliminaPAOLO MARDEGAN, FIGLIO DI IVO, PARTIGIANO AZZURRO, NIPOTE DI LUCA ASSASSINATO DAI CANI ROSSI