Resistenza trevigiana: i partigiani e le quattro contraeree tedesche che circondavano la città -
Nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale erano dislocate nei pressi di Treviso quattro postazioni contraeree tedesche: 1 - Sambughè di Preganziol, 2 - Sant’Angelo, 3 - Silea, 4 - località Corti.
Contraerea tedesca a Treviso, 1945 -
La dislocazione delle quattro contraeree tedesche nei pressi di Treviso
al 28 aprile 1945 (ordine del CLN di occupare la città). |
Loro compito era difendere lo strategico nodo ferroviario di Treviso, per cui transitavano e da cui si diramavano strade ferrate di grande importanza per i collegamenti e i rifornimenti delle truppe tedesche che contrastavano l’avanzata alleata in Italia:
- Venezia-Udine-Tarvisio, fondamentale collegamento con le ferrovie austro-tedesche.
- Treviso-Motta di Livenza con successiva biforcazione per Portogruaro-Trieste o San Vito Tagliamento-Udine.
- Treviso-Conegliano-Ponte delle Alpi-Calalzo, da dove partiva la Ferrovia delle Dolomiti che, sia pure a scartamento ridotto, raggiungeva Dobbiaco e metteva anch’essa in collegamento con le ferrovie germaniche.
- Treviso-Ostiglia, che attraversando la pianura veneta si congiungeva alla Bologna-Verona-Brennero.
- Treviso-Vicenza con diramazione a Castelfranco per Bassano-Trento e da qui alla ferrovia del Brennero.
- Treviso-Montebelluna-Feltre-Belluno-Calalzo-Dobbiaco.
Bersagli dell'aviazione angloamericana erano quindi le linee ferroviarie coi relativi ponti sul Sile (in particolare il mai distrutto ponte della Gobba), le due stazioni (centrale e SS.40) e lo strategico scambio/bivio Motta che consentiva ai treni provenienti dalla stazione centrale di dirigersi verso nord (Udine) oppure verso est (Motta di Livenza).
Va tenuto presente che la città - malgrado la presenza di un aeroporto funzionante - era del tutto priva di contrasto aereo e quindi il tiro delle contraeree da terra era di fondamentale importanza per cercare di limitare i danni delle ripetute azioni alleate sul cielo di Treviso.
Le incursioni terminarono solo con l’ultimo giorno di guerra. Alle tre del mattino di 29 aprile 1945 è infatti segnalato lo sganciamento di tre bombe sulla caserma De Dominicis [1].
Le incursioni terminarono solo con l’ultimo giorno di guerra. Alle tre del mattino di 29 aprile 1945 è infatti segnalato lo sganciamento di tre bombe sulla caserma De Dominicis [1].
Delle quattro contraeree l’unica che negli ultimi giorni di guerra riuscì ad abbandonare indenne la postazione fu quella delle Corti.
Così viene segnalato dalla radio della missione "Hollis-Margot" il suo allontanamento: «Batteria 88 località Santabona mio 119 est partita ore 17 locali con sei cannoni et mitra per Feltre»[2].
L’indicazione “Santabona” è generica, come si evince dal citato messaggio 119 che recita: «Da missione Leto […] comunica Treviso est liberata giorno 28 aprile da patrioti x [stop] resistono ancora due batterie contraeree da 88 mm con mitra da 20 mm località Silea x 6 km circa sud est Treviso et fornaci Santa Bona Chiodo 4 k nord ovest Treviso x località indicata con approssimazione»[3]. Il corsivo è mio, e personalmente non sono ancora riuscito ad individuare con precisione il luogo in cui era piazzata questa batteria.
Cannone contraerei 88 tedesco - Flak 18-36
attualmente in mostra al Museo della Luftwaffe di Berlino.
(Foto di Rickard Ångman su Wikipedia)
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Maggiori dettagli sullo sganciamento della FlaK delle Corti si apprendono dalla relazione della brigata garibaldina Bavaresco, a firma del comandante “Sparviero” (Corrado Vanin):
«Verso mattina (29 aprile 1945) i 200 tedeschi del presidio di Villa Ricci […] furtivamente si sganciano […]. Immediatamente noi entravamo in Villa Ricci [a Paderno di Ponzano] per frenare gli eventuali atti vandalici della popolazione e per il recupero delle macchine e materiale vario abbandonato dai tedeschi. […] Sistematesi in Villa Ricci in modo da poter affrontare eventuali assalti tedeschi, venne posta una vedetta sul campanile […]
Nel frattempo improvvisamente giungeva dalla strada di Camalò un’altra colonna composta di sei camion con circa 100 uomini […] che si dirigeva verso Treviso per l’aiuto allo sganciamento della Flak.
Subito le nostre poche forze, armate di una Breda 38, che ha malamente funzionato, un mitragliatore, due mitra e pochi moschetti, hanno attaccato la colonna che, malconcia, si è velocemente sganciata portandosi un carico di 18 morti e tre feriti[4]. [...]
La nostra staffetta verso le 15,30 urgentemente ci avvertiva che stava per sopraggiungere la colonna della Flak che da Treviso si dirigeva verso Paderno, fortemente armata di 14 camion e tutte le armi automatiche pesanti della difesa di Treviso. Sentito l’ordine superiore che ci ammoniva di [non] sparare un colpo e considerata la nostra piccola forza per poter resistere, abbiamo subito dato ordine di abbandonare la Villa e occultarsi ciascuno nella campagna senza rispondere agli spari della colonna che stava per sopraggiungere. […]
La colonna della Flak […] occupava la Villa Ricci e sostava tre ore circa in attesa dell’oscurità per riprendere la marcia. Subito dopo la loro partenza un nostro nucleo occupava nuovamente la Villa che da quel momento è rimasta nelle nostre mani… »[5].La nostra staffetta verso le 15,30 urgentemente ci avvertiva che stava per sopraggiungere la colonna della Flak che da Treviso si dirigeva verso Paderno, fortemente armata di 14 camion e tutte le armi automatiche pesanti della difesa di Treviso. Sentito l’ordine superiore che ci ammoniva di [non] sparare un colpo e considerata la nostra piccola forza per poter resistere, abbiamo subito dato ordine di abbandonare la Villa e occultarsi ciascuno nella campagna senza rispondere agli spari della colonna che stava per sopraggiungere. […]
Della batteria di S. Angelo abbiamo parlato: si arrese, o meglio fu abbandonata dopo aver reso inutilizzabili i pezzi (numero non precisato), nella notte sul 29 aprile 1945.
Contraerea di Silea: dislocazione e resa ai partigiani
Al 28 aprile 1945 la contraerea tedesca era piazzata nei pressi dell’incrocio fra la strada per Treviso e quella per Lanzago, immediatamente a ovest della chiesetta [oratorio] della Madonna delle Grazie, ora abbattuta, e di quello che allora era il centro del paese [cfr. sopra, mappa IGM 1940, n. 2]. Per la precisione si trovava nei campi lavorati dalla famiglia Fava (detti Faonetto), campi delimitati a nord e a est da due fossati con siepi di "oppi" (òpi, aceri campestri).
I potenti cannoni da 88 mm della FlaK - gittata di 8000 metri sia contro aerei sia contro carri - erano posizionati a circa 250 metri dalla chiesa di Silea e a 4000 metri ca., in linea d'aria, dal centro di Treviso (piazza dei Signori).
Il deposito delle munizioni era stato collocato nell'allora campo sportivo, a nord della batteria e subito di là della strada, più o meno all'altezza della posizione attuale del monumento ai caduti.
Adriano Caldato (1942) di Porto di Fiera (TV) ripropone sul posto le indicazioni fornite in una precedente intervista dal partigiano Rino Botter di Fiera (1927), all'epoca abitante a Silea.
Relazione di mons. Guglielmo Cagnin, parroco di Silea
(Trascrizione parziale e sintesi)
« 27 aprile
Si cominciano vedere i primi partigiani verso la chiesa-oratorio della Salute. Panico della gente. Notizie allarmanti di scontri, di rinforzi tedeschi - la popolazione comincia esulare dal paese. Verso sera arriva un camions di rinforzi tedeschi: sparatoria nei campi del paese: un tedesco ferito, e poi morto, morto un partigiano.
28 aprile
Giornata, che si presentava tragica.
ore 10. Invitato dal cav. Fantin, per incarico del S. Ten. Trümples, mi presento ai partigiani, postisi in casa Miollo, invitandoli a non sparare, altrimenti i tedeschi avrebbero fatto fuoco violento contro di essi e contro il paese. Rispondono affermativamente.
Ore 11. I partigiani con a capo i fratelli Perini e [Antonio] Sellan da Treviso mi mandano chiamare: vogliono la resa dei tedeschi: questi sono quanto mai preparati. Io rispondo e propongo che si presentino con un ordine scritto dei loro Comandanti: si dà tempo un’ora. Poi non ho più visto nessuno.
Ore 14. Il Comandante tedesco mi prega di avvisare i partigiani, che [...] »
se entro due ore non si ritireranno a oltre due km. loro sono pronti a sparare con i cannoni ad alzo zero “pur colpendo il paese” e al primo colpo “avrebbero fatto seguito le batterie di Treviso contro Silea”.
Le trattative proseguono per tutta la serata di sabato 28 e buona parte di domenica 29 aprile. Punto irrinunciabile per i tedeschi è di potersene andare armati e con l’intera batteria.
Alle 18 di domenica finalmente le trattative si sbloccano.
Da Treviso [che già dal mattino era in mano ai partigiani] arrivano in canonica di Silea due ufficiali partigiani, uno dei quali è il capitano Astorre Vecchiati *** . I due rappresentanti del comando piazza invitano il parroco ad accompagnarli dal comandante della batteria al quale per l’ultima volta viene intimata la resa. Il tenente chiede mezz’ora di tempo.
Alle ore 20 del 29 aprile 1945, finalmente il comandante tedesco accetta di allontanarsi con i suoi uomini, portando con sé le sole armi personali «scortato per la sua sicurezza dal capitano dott. Vecchiati, fino alla Callalta. Poi di lui e dei suoi uomini non si seppe più nulla».
(Cronistorie di guerra..., pp. 238-240).
Relazioni partigiane
Le date della resa della contraerea fornite dal parroco e dalle relazioni partigiane sono discordanti.
Prendo per buona la relazione della brigata Negrin, (sotto la cui giurisdizione il btg. Perini - pur autonomo - operava) e che coincide con la successione cronologica del diario di Sante Bovo.
Questo il breve passaggio della relazione Negrin:
«Nelle notte [del 28] sul 29 vengono ultimate le trattative di resa iniziate il giorno precedente colle batterie tedesche di Silea. I tedeschi abbandonano i pezzi ai garibaldini che a loro volta, consegnano agli Alleati due giorni dopo (6 cannoni da 88/mm. e un forte quantitativo di armi, munizioni e materiale vario.
Il giorno 29 una solida colonna concorre nell'occupazione della città, mettendosi successivamente a disposizione del Comando Militare della Piazza [...]».
(Diari Storici... , p. 494).
Relazione del battaglione autonomo Perini
«La sera del 26 aprile u.s., previ accordi intercorsi con le forze patriottiche operanti nei paesi limitrofi, due gruppi di animosi dislocati nella zona di Silea e di Lanzago impugnavano le armi e costituivano posti di blocco e servizi di vigilanza per le strade e per i campi. [...]
Per quanto riguarda la resa del Presidio tedesco addetto alla batteria contraerea di Silea, si è creduto opportuno addivenire a patti e la sera del 30 aprile (sic!) il Presidio composto di circa 65 uomini abbandonava la piazzaforte portando con sé le armi leggere.
Ciò è stato ritenuto necessario per, evitare un vero e proprio conflitto che si sarebbe concluso logicamente a nostro sfavore e con innumerevoli perdite per la popolazione, in considerazione della potenza di armamento quale può avere una simile piazzaforte.
Si è potuti venire in possesso di un considerevole bottino e catturare inoltre 15 prigionieri i quali, dapprima impiegati in lavori vari di riattamento strade e campi, sono stati in questi giorni avviati ai campi di concentramento tramite comando Alleato.
Agli stessi Alleati sono stati pure consegnati: 6 cannoni da 88 antiaerei con munizioni e materiale vario. Un automezzo non efficiente è rimasto a disposizione di questa Brigata».
(Diari storici... , pp. 386-387).
Messaggio radio con cui la missione “Margot-Hollis” - capomissione il veneziano Pietro Ferraro radiotelegrafista il modenese Dario Lelli [Leli] - comunica al comando alleato la resa ai partigiani della contraerea tedesca di Silea:
«145 gr. 25
Mio 119 x batteria at Silea consegnata a patrioti quattro cannoni da 88
20 mitra da 20 mm».
(Chiara Saonara, Le missioni militari alleate e la Resistenza nel Veneto, p. 203).
Dal "Diario" di Sante Bovo
«A Silea, ed in altre località che non mi sovvengono, in una piazzola ben protetti vi erano i tedeschi, con cannoncini antiaerei che potevano sparare anche a gradi zero e con mitragliatrici pesanti, e senza dubbio pronti; avendo sentore di rinforzi d’intervenire.
Sarebbe stata una carneficina.
Pochi di tutta questa gente che aveva ingrossato le file [volontari aggregatisi ai partigiani nelle ultime ore] si rendeva conto del pericolo, che poi, e noi sapevamo che al primo colpo ben pochi saremo rimasti a [s]parare.
Certamente fu merito principale di chi trattò con tattica consapevole, e merito anche di quei pochi che avevano un passato alle spalle nell’aver convinto la massa a non commettere colpi di testa.
Intanto però queste trattative si facevano più lunghe.
Noi si aveva fretta sapendo che una colonna corrazzata tedesca risaliva dalla Triestina ed ogni ritardo di questa resa poteva compromettere tante cose.
Ci facemmo minacciosi e circondando protetti poi - da sedi naturali: fossati e camminamenti - questa piazzola.
Fu dato un ultimatum, e si arresero.
Sono certo però che anche se loro avessero tentato di resistere, non pratici del terreno, ad uno a uno sarebbero stati annullati, se più qualche colonna come ho detto: e questo noi si temeva non gli avesse soccorsi.
Tirammo tutti un sospiro di sollievo.
In tutte queste zone era stato eliminato ogni focolaio, ma: vi furono morti e feriti».
*** Il capitano Astorre Vecchiati, classe 1914, partigiano di Giustizia e Libertà in forza al battaglione Vito Rapisardi operante nella zona di San Michele del Quarto/Quarto d'Altino (Diari Storici Istresco, Op. cit., p. 727), morirà novantottenne a Treviso nel 2012, in assoluta povertà, senza che nessuno ricordasse il suo passato di coraggioso patriota. (Leggi: Tribuna di Treviso - Gazzettino).
Astorre Vecchiati fu anche candidato nella lista del Partito d'Azione nelle prime elezioni amministrative libere del comune di Treviso dopo il fascismo, tenutesi il 31 marzo 1946, ma non fu eletto. Il P.d'A. ebbe un solo consigliere: Leopoldo Ramanzini, il prefetto della Liberazione.
Cfr. Rinascita, Organo del Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale di Treviso, anno 2, n. 9, 2 marzo 1946, p. 4; Il Lavoratore, Settimanale della Federazione trevigiana del PCI, 23 marzo 1946; Il Gazzettino, mercoledì 3 aprile 1946 (per i risultati).
Astorre Vecchiati fu anche candidato nella lista del Partito d'Azione nelle prime elezioni amministrative libere del comune di Treviso dopo il fascismo, tenutesi il 31 marzo 1946, ma non fu eletto. Il P.d'A. ebbe un solo consigliere: Leopoldo Ramanzini, il prefetto della Liberazione.
Cfr. Rinascita, Organo del Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale di Treviso, anno 2, n. 9, 2 marzo 1946, p. 4; Il Lavoratore, Settimanale della Federazione trevigiana del PCI, 23 marzo 1946; Il Gazzettino, mercoledì 3 aprile 1946 (per i risultati).
La postazione contraerea di Sambughè fu presa d’assalto e si arrese ai partigiani il 28 aprile, come risulta dalla relazione del btg. Mirando[6].
A proposito di questa relazione, redatta dal comandante Alessandro Golfetto e dal commissario politico Gino Dal Bianco il 1° maggio 1945, va messo in risalto come, dopo un ridondante incipit da “bollettino ufficiale” dell’esercito, si scopre che in realtà tutta la forza di cui dispone il “battaglione” sono quindici uomini armati di fucili o pistole. Ed è con questa potenza di fuoco che i quindici coraggiosi si apprestano a intimare la resa a una caserma della X Mas, quella “vittoriosa già sul mare, ora pure sulla terra” (come recitava il suo inno).
La relazione del btg. Mirando, brigata partigiana Negrin:
resa di una caserma della Decima Mas, attacco a nuclei di SS sul Terraglio,
attacco alla contraerea di Sambughè (28 aprile 1945).
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Trascrizione
Gruppo Brigate Wladimiro / Brigata Negrin / I° Battaglione “Mirando”
RELAZIONE
«Alle ore 15 del 27/4/1945 le Forze del Gruppo Zona Territoriale di S. Lazzaro - S. Angelo - S. Trovaso e Preganziol si riunirono a seguito di ordine di mobilitazione per l’insurrezione contro l’odiato nemico nazi-fascista.
Non avendo il Comando armi a sufficienza per i 105 uomini pronti per l’azione, solo 15 di questi, armati soltanto di fucile o pistola, e con poche munizioni, partirono con ferma decisione all'attacco per la prima azione, la quale doveva procurare le armi per le successive.
Fu disposto l’attacco alla X^ Mas, avente stanza in Villa Pace, lungo la strada statale Terraglio.
Accerchiata la villa dove trovavasi la caserma della Mas e intimata la resa al presidio, si presentò il capitano delle forze fasciste onde trattare col Comandante delle Forze Partigiane.
Pattuito il disarmo che consentì di equipaggiare altri Patrioti, fu possibile, con l’aiuto dei quali, di far cedere le armi ad un gruppo di 30 tedeschi in completo assetto di guerra che si trovavano nelle adiacenze della villa.
Nella giornata del 28-4-1945, nuclei tedeschi appartenenti ai Reparti delle S.S., furono attaccati e disarmati lungo la strada Terraglio.
Nello scontro quattro Patrioti furono feriti e quattro tedeschi rimasero sul terreno.
I Reparti Patrioti si spostarono successivamente per l’attacco alle postazioni contraeree di Sambughè che resistettero fortemente e che furono soprafatte dopo aspra lotta e disarmate: due soldati tedeschi furono feriti. […]».
Questa invece la relazione, stilata il 2 ottobre 1945, del parroco di Sambughè don Pellegrino Agnoletto: «Addì’ 28 Aprile alle ore 3 pomeridiane ebbe luogo nei pressi della chiesa uno scontro tra partigiani e tedeschi, tedeschi che erano qui di stanza per il servizio della contraerea. Nello scontro ci furono due feriti tedeschi che i partigiani portarono in canonica e di cui io parroco ebbi cura. Un’ora dopo sopraggiunse un rinforzo tedesco che cominciò una violenta sparatoria contro il campanile e contro la chiesa e contro la canonica. Il campanile fu colpito in più punti, e una campana, la mezzana, venne squarciata dalle pallottole partite da un canoncino da 35 mm.»[7].
Abbiamo infine una ricostruzione complessiva della giornata da parte di Angelo Grimaldo e Dino Vecchiato:
«A Sambughè i tedeschi avevano installato in un vicolo della zona delle Fiandre una piazzola di artiglieria contraerea per contrastare i caccia alleati lungo la ferrovia. […] Il giorno 28 il comandante Golfetto e una decina di uomini, tra cui Ugo Tronchin e Cesare Michieletto, si avviarono tra i campi alla postazione e l’attaccarono con bombe a mano e colpi di moschetto, mentre i tedeschi tentavano di disincagliare un loro camion caduto in una scarpata presso la piazzola. I tedeschi risposero e chiesero rinforzi. Informati da una staffetta in bicicletta dell’arrivo dei rinforzi e sentendo arrivare camion e autoblinde dalla strada di Campocroce, i partigiani decisero di ritirarsi. I tedeschi, che avevano già deciso di sgomberare la piazzola, lasciarono il camion impantanato con due soldati di guardia. Uno dei due fuggì, l’altro, ferito dai partigiani, fu ricoverato dal parroco dentro il campanile. I tedeschi ritornati in forze spararono con le mitragliatrici e colpirono un civile, Ercole Vettorazzo, che si aggirava lì per caso, nonché la campana mezzana. Volevano incendiare il paese, ma don Agnoletto riuscì a dissuaderli consegnando il ferito salvato; e quelli se ne andarono definitivamente».
In altre parole, furono lasciati sul posto non solo i cannoni contraerei, ma anche un camion "impantanato". Proseguendo nella loro ricostruzione Grimaldo e Vecchiato ricordano poi come il parroco don Agnoletto in una lettera al Comune del novembre 1945 definì il giorno degli scontri per la contraerea «giornata di passione, giornata di puro partigianismo, giornata di gloria», proponendo di sostituire il vecchio nome della piazza con Piazza 28 Aprile, a ricordo «del fatto più saliente di Sambughè di questo tempo e d’altri tempi». Il parroco farà poi incidere sulla campana colpita e rifusa la seguente iscrizione: «Teutonica rabies diruit 28.4.1945, pietas fidelium restituit 25.12.1945»[8].
In altre parole, furono lasciati sul posto non solo i cannoni contraerei, ma anche un camion "impantanato". Proseguendo nella loro ricostruzione Grimaldo e Vecchiato ricordano poi come il parroco don Agnoletto in una lettera al Comune del novembre 1945 definì il giorno degli scontri per la contraerea «giornata di passione, giornata di puro partigianismo, giornata di gloria», proponendo di sostituire il vecchio nome della piazza con Piazza 28 Aprile, a ricordo «del fatto più saliente di Sambughè di questo tempo e d’altri tempi». Il parroco farà poi incidere sulla campana colpita e rifusa la seguente iscrizione: «Teutonica rabies diruit 28.4.1945, pietas fidelium restituit 25.12.1945»[8].
Note
[1] Ballista, Ali sulla Marca, pp. 84-85. Lo stesso autore quantifica in otto mitragliamenti e dodici bombardamenti più o meno pesanti l’attività degli aerei alleati su Treviso nel 1945, con nove reazioni delle contraeree tedesche. In particolare il 15 gennaio ci furono ripetuti mitragliamenti (sempre sotto tiro contraereo) del bivio Motta e un bombardamento della stazione centrale e della linea ferroviaria presso la segheria Miani (verso l’Eden) e il 13 marzo ci fu «un pesante bombardamento serale, previa grande illuminazione, sulla parte nord-orientale e sud-orientale della città da parte di quadrimotori B24 sotto forte tiro antiaereo».
Complessivamente nel corso dei 21 mitragliamenti e 35 bombardamenti subiti da Treviso nel 1944-1945 persero la vita (fra la sola popolazione civile) circa 1600 persone, e 350 furono i feriti gravi. (Pozzobon - Rizzi, p. 53).
Gran parte delle vittime vanno ascritte al primo devastante bombardamento del 7 aprile 1944, che provocò la protesta anche del Cln. (Obiettivo Venerdì Santo..., p. 25)
[2] Saonara, p. 202 - radiomessaggio n. 136 (580 progressivo).
[3] Idem, p. 200.
[4] Numero che, in attesa di ulteriori fonti, pare francamente esagerato, viste le poche e malandate armi a disposizione; oltretutto non si capisce come - nella concitazione del momento - sia stata possibile una conta cosi precisa.
[5] Diari storici…, pp. 424-425.
[6] Aistresco, b. 7, fondo Caporizzi, fasc. Divisione Sabatucci, sf. Brigata Negrin - [ID 90, n. invent. 007]. Il battaglione aveva preso il nome di Mirando Favaretto, di San Lazzaro, ucciso dalla brigate nere nel novembre del 1944.
[7] Cronistorie…, p. 1545.
[8] Grimaldo e Vecchiato, Preganziol… , pp. 123-124.
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