domenica 18 marzo 2018

DOCUMENTI - Partigiani fucilati a Villorba


La relazione del partigiano Rino Botter (Porto di Fiera - Treviso)

Rino Botter, partigiano di Fiera, ricorda la genesi dell'azione di Italo Buttazzoni
e degli altri partigiani fucilati a Villorba dalle SS il 29 aprile 1945. 
(Archivio privato Rino Botter, Fiera (TV) - Date e firma autografe)

Trascrizione

I Partigiani fucilati (1945)

«La preoccupazione di doversi scontrare con bande di fascisti o tedeschi, ci poneva il problema di ricuperare delle armi, visto che quelle a nostra disposizione erano insufficienti a garantire la difesa in caso di attacco.
Ci giunse la notizia che la caserma De Dominicis, sita sulla via per S. Bona, fine via Luzzatti, era rimasta sguarnita per la defezione dei militari, e che quindi si potevano ricuperare le armi lasciate dagli stessi in fuga.
Un nostro affiliato partigiano, Italo Buttazzoni, pensò di organizzare una spedizione per ricuperare le armi, ed a tale scopo si mise d’accordo con altri sette ragazzi per andare alla caserma e allo scopo chiese consenso a me che in quel momento avevo la responsabilità della brigata. Tengo a precisare che, dopo avergli consegnato la mia bicicletta per andare a recuperare i compagni per l’impresa, gli diedi ordine, insistentemente, che se in caserma ci fosse ancora presenza di militari, di tornare indietro e riferire per ulteriori decisioni. Egli mi confermò che avrebbe agito come da me ordinato.
Andò da mio cugino, Carlo Mazzon, a farsi prestare un camioncino, e per guidarlo chiamò Alerame Zanin che era nostro simpatizzante e con tutti i ragazzi si portò alla Caserma.
Purtroppo la caserma, contrariamente alle informazioni, era presidiata da militari.
Italo allora commise il grave errore di non tener conto dei miei ordini, e anziché tornare indietro, si portò verso Villorba per chiedere la collaborazione di un altro gruppo di partigiani per attaccare il presidio della caserma. Purtroppo, nel percorso, si imbatté in una colonna di soldati tedeschi in ritirata, provenienti da una zona non controllata dall’accordo di tregua *, ai quali però si arresero per evitare il peggio. Il parroco di Villorba, venuto a conoscenza della situazione, intervenne presso i tedeschi ed ebbe assicurazione che i ragazzi sarebbe stati rilasciati il mattino successivo, alla partenza della colonna militare. Invece i tedeschi, prima di partire, portarono i ragazzi alla mura del cimitero e li fucilarono. La terribile notizia ci fu portata da Alerame il quale si salvò perché Italo, nonostante la drammatica situazione, ebbe la forza, al fine di salvare almeno lui, di dire ai tedeschi che non c’entrava con loro e che lo avevano costretto con le armi ad accompagnarli.
Alerame portò la notizia a me e a Romeo Caldato * * che in quel momento si trovava con me e gli raccomandammo di non far trapelare la notizia finché non avessimo informato le relative famiglie onde evitare che si creassero allarmismi non controllati, assai pericolosi in quella situazione. Immediatamente, con Romeo, mi presi il doloroso incarico di informare le famiglie più vicine ed inoltre pregai il parroco di Fiera, don Giovanni Michelan di avvisare il altri. Non dimenticherò mai il trauma dei famigliari e del parroco stesso nel dar loro la terribile notizia». Rino Botter (1950 circa)

* Botter si riferisce alle difficili e lunghe trattative che portarono alla resa della contraerea di Silea, nella notte tra il 28 e il 29 aprile 1945. Trattative di cui rievoca le conclusioni anche in un’intervista del 30 gennaio 2017, file 17013004, 12:42- 13:36.
* * Romeo Caldato "Giacobbe", di Silvio e Taffarello Maria, nato a Fiera il 12.2.1921, radiotecnico, militare nella R. Aeronautica - allievo sergente pilota, era intendente del Gruppo Brigate Garbaldi di Treviso. Il fratello Marcello Caldato "Sauro", nato il 10.1.1919, radiotecnico, militare nella R. Marina col grado di "maresciallo - torpediniere" nei giorni dell'insurrezione popolare era comandante della Brigata Bottacin. (Dati presenti nelle relative domande di iscrizione all'ANPI, Aistresco b. 47, fondo Anpi)


29 aprile 1945 ore 10,30 - Dispaccio del commissario di guerra del Gruppo Brigate Garibaldi Carlo Geromin "Vittorio" al Comando Piazza di Treviso

Si basa su quanto riferito dall’unico scampato alla fucilazione, Alerame Zanin.
Nella concitazione del momento — il rapporto è stilato “a caldo” nella stessa mattinata del
29  aprile — viene confuso il paese di Villorba con Povegliano, che forse era il luogo di destinazione del camion dei partigiani. Altre imprecisioni si riscontrano nel numero dei partigiani e dei fucilati (dieci anziché nove) e nella modalità della fucilazione, che non avvenne sul posto.
Ma il documento si riferisce inequivocabilmente al fatto di Villorba.


Alle 10,30 del 29 aprile, il commissario delle brigate garibaldine
Carlo Geromin “Vittorio” comunica al Comando Piazza di Treviso la fucilazione dei partigiani a Villorba,
nella concitazione del momento scambiata per Povegliano.
(Da Fausto Schiavetto, Intervista ad Enrico Opocher ... ,  documento n. 38, pp. 197-198)

Trascrizione


Corpo Volontari della Libertà
Gruppo Brigate d’Assalto Garibaldi
Z.O. 29/4/45 : ORE 10,30
Al Comando Piazza […]
«Vi informiamo che una nostra pattuglia di 10 uomini S.A.P. partiva in camion il 27 scorso alle ore 20 precise da Fiera alla volta di Povegliano.
All’entrata in paese di Povegliano la nostra squadra veniva bloccata da un’autocolonna tedesca.
I nostri uomini vista la superiorità numerica e nella impossibilità di sganciarsi, cedettero le armi senza sparare un colpo. I tedeschi procedettero al disarmo e, dopo aver rilasciato l’autista, FUCILARONO sul posto i nove uomini in loro mano.
L’autista di comune accordo col parroco del paese ha stabilito la loro sepoltura e, messosi in contatto con nostri gruppi della zona, ha potuto rientrare stamattina e riferire quanto sopra.
Pertanto vi preghiamo vivamente di prendere posizione rispetto ai soldati tedeschi già caduti in nostra mano o che vi cadessero in seguito, e dare disposizioni.
Morte agli invasori tedeschi
Morte ai traditori fascisti
Il commissario politico
del Gruppo Brigate - Treviso
(Vittorio)
[Risposta del Comando Piazza]
Parlamentare ai nuclei di resistenza con nostro foglio intimidatorio
…. rappresaglie anche per questo fatto ».
Fausto Schiavetto, Intervista ad Enrico Opocher ... , doc. n. 38, pp. 197-198.  


Il punto in cui i partigiani furono catturati, la sera del 27 aprile 1945

Il luogo dell'imboscata delle SS. A destra il capitello del Cristo e il campanile di Villorba.
A sinistra la casa di Riccardo Zago, all'esterno della quale i nove partigiani furono radunati e percossi
prima di essere condotti in prigione nelle scuole del paese. (Foto: 8 marzo 2018)


Testimonianze raccolte dallo storico di Villorba Onorio Ghirardo 

Le testimonianze raccolte dal ricercatore cav. Onorio Ghirardo:
sintesi delle interviste effettuate a Delfino Zago, Agostino Zago,
Gino Ghirardo e Giuseppe Fantin. (Archivio privato Onorio Ghirardo)

Trascrizione

Delfino Zago racconta: «Nel pomeriggio del 27 Aprile 1945 un’autolettiga* con 12 partigiani arrivò a Villorba da Fiera di Treviso passando per via Trento (Villorba) dove vennero fermati in un posto di blocco fatto dai tedeschi i quali avevano varie armi tra cui una mitragliatrice. I partigiani dovettero scendere e furono disarmati dopo di che furono allineati al muro della casa della famiglia Zago. Qui furono picchiati, e tra le loro urla si poteva udire la parola “mamma” più volte invocata … alcuni di loro caddero a terra dalle percosse ricevute. Da qui furono portati al comando dei Tedeschi situato presso la scuola comunale di Villorba.
A causa di quest’evento nel comune si era creato un clima di tensione, per il possibile attacco dei partigiani al fine di liberare i prigionieri dei tedeschi. A questo punto entra in gioco il parroco [Don Giuseppe Bagaglio], il quale fece da intermediario tra i tedeschi ed i partigiani e rassicurò quest’ultimi che prima di lasciare il paese i tedeschi avrebbero liberato i prigionieri. Le vicende non andarono così perché furono liberati solo 4 partigiani e gli altri 8 furono fucilati dietro le mura del cimitero. Si racconta che i 4 fortunati furono liberati grazie ad una ragazza di Villorba».
Agostino Zago racconta: «Io che facevo il chierichetto nella parrocchia di Villorba fui chiamato dal cappellano per accompagnarlo presso il cimitero dove stava andando a dare la benedizione ai partigiani uccisi. Di questi 6 erano ammucchiati uno sopra l’altro e sporchi di sangue, uno era a circa due metri e l’altro era vicino al fosso…  si pensa avessero tentato la fuga. Tutti avevano un foro in testa».
Gino Ghirardo racconta: «I partigiani locali appena sentito l’avvenuto arresto dei partigiani si mobilitarono per liberarli con l’idea di accerchiare il centro di Villorba. Quest’idea non fu messa in atto grazie al parroco il quale aveva assicurato il futuro rilascio, che in realtà non avvenne».
Giuseppe Fantin racconta: «Vorrei cominciare questo ricordo precisando che questi militari tedeschi che erano a Villorba si vantavano, mostrando delle fotografie, di aver liberato Mussolini dal luogo di prigionia presso il Campo Imperatore.
Ritornando ai fatti i partigiani prigionieri erano rinchiusi nelle scuole e venivano accompagnati per i loro bisogni fisici a casa mia che era situata di fronte al luogo della prigionia. Una sera mentre un partigiano veniva accompagnato nella mia casa mi parlò in dialetto, in modo tale che i tedeschi non potessero capire, e mi chiese di andare dal parroco e chiedergli di suonare le campane così le avrebbe potute sentire per l’ultima volta… Io non ebbi coraggio di chiedere questo al parroco… ed ancora oggi mi rammarica di non aver esaudito il suo ultimo desiderio. Il mattino della fucilazione i tedeschi accesero i motori al fine di confondere le urla dei condannati portati alla fucilazione».

* L’utilizzo di un’autolettiga per questa azione partigiana, non risulta confermato dai testimoni di Fiera, che riferiscono invece dell’uso di un camioncino Fiat 18BL della ditta Fermi&Mazzon.



L'ora della fucilazione (dagli atti di morte del Comune di Villorba)


 La fucilazione dei partigiani a Villorba avvenne “all'alba” del 29 aprile 1945.
Atto di morte di Luigi Fantin. (Ufficio Anagrafe Comune di Villorba) 

Trascrizione



[Comune di Villorba]
Atti di Morte - Parte I - [1945]
[Numero 70 - Fantin Luigi]

L'anno millenovecentoquarantacinque addì sette del mese di Agosto alle ore dieci e minuti cinquanta nella Casa Comunale.
Avanti a me Rigato Luigi applicato, Ufficiale dello stato civile del Comune di Villorba delegato con atto ventuno Aprile millenovecentoquarantadue è comparso Fantin Erminio di fu Rodolfo di anni Ventidue Fonditore residente in Treviso il quale alla presenza dei testimoni Pasquali Guido di Antonio di anni quarantadue Impiegato residente in Villorba e Carrer Luigi di fu Angelo di anni Settanta Impiegato residente in Villorba mi ha dichiarato quanto segue:
Il giorno ventinove del mese di Aprile dell'anno millenovecentoquarantacinque alle ore all'alba [...] nel cimitero di Villorba è morto Fantin Luigi dell'età di anni ventiquattro cittadino italiano [cancellato "di razza"] residente in Treviso Facchino che era nato in Silea da fu Rodolfo Facchino residente in vita a Treviso e da Barbon Maria Casalinga residente in Treviso e che era Celibe.
Letto il presente atto agli intervenuti lo hanno questi con me sottoscritto [...] ».



La testimonianza di Elisabetta Bortoletto raccolta da Onorio Ghirardo


Brano della testimonianza di Elisabetta Bortoletto relativa al suo intervento per strappare alla
fucilazione i partigiani imprigionati nelle scuole di Villorba. (Archivio privato cav. Onorio Ghirardo)

Trascrizione integrale

Intervista alla Sig.ra Elisabetta Bortoletto: «Era il 27.04.1945, ero fuori casa quando passò un’autolettiga che da Fontane andava verso Villorba; a me sembrava un camioncino con dei giovani a bordo. Solo dopo seppi che erano in dodici. Erano infatti le prime ore pomeridiane, quando mi riferirono che quei giovani erano stati catturati dai tedeschi vicino al cimitero di Villorba e che fra loro c’era anche mio fratello.
Io lavoravo come interprete al Comando Generale di Piazza, che si trovava dove è ora Villa Zanetti a S. Artemio *; là ero molto stimata. Il Comandante mi rilasciò un documento di trattare  per quei giovani; mi precipitai a Villorba nelle scuole, luogo in cui i tedeschi delle SS avevano il loro Comando, là avevano anche altri prigionieri tra i quali anche alcuni partigiani. Io sapevo bene il tedesco e cominciai a trattare la liberazione dei giovani; sulle prime mi presero per una spia ma tanti di loro, i più giovani, capivano che non era così. Alcuni giovani prigionieri avevano i documenti rilasciati dal Comando tedesco ed io insistevo su questa documentazione.
Io cercai prima di tutto di salvare mio fratello e poi gli altri, e mentre si discuteva è arrivato un graduato che gli diceva “uccidili, uccidili” ma alla fine ci hanno lasciato.
Quelli che poi sono stati fucilati era perché erano armati. La mia forza era quella che insistevo sulla documentazione che attestava che facevano la guardia ai ponti e alla ferrovia.
Alla fine riuscii a portarne fuori sette, alcuni dei quali erano con mio fratello; si erano aggiunti ai partigiani strada facendo. Una volta rilasciati, i tedeschi addirittura ci fornirono alcune biciclette che avevano requisito i giorni precedenti. Il Comandante mi disse: “vada, vada, che i tempi stringono” e tutti e otto arrivammo a casa mia nella tarda mattinata del giorno dopo.
Come vicini di casa avevamo una famiglia di cosiddetti partigiani, molto crudeli, e noi avevamo tanta paura, perché io lavoravo al Comando germanico come interprete e loro pensavano che fossimo dei collaboratori dei tedeschi. Tutti noi rilasciati da Villorba ci nascondemmo in una soffitta per alcuni giorni finché le acque si furono calmate.
Quella notte il parroco sapeva che molti dei partigiani venivano uccisi perché fatti prigionieri con armi, e mi affidò una lettera da consegnare al Vescovo ** per sapere come doveva comportarsi con i morti fucilati. Mio fratello la consegnò al Vescovo che rispose con una lettera da portare al Parroco di Villorba.
Qualche giorno dopo *** mandai mio fratello Severo detto Lelli a villa Zanetti, ad avvertire il Comando Piazza che garantiva per me in quanto sua interprete di fiducia, ma i cosiddetti partigiani avevano ucciso tutti tedeschi».

Io [Onorio Ghirardo] aggiungo dicendo che il giorno della fucilazione ho visto il fratello della signora con un carretto trainato da un asino con alcuni cofani mortuari per accogliere i fucilati.

* Il Comando Piazza tedesco (Platzkommandantur) si trovava in realtà sì a S. Artemio, ma in Villa Margherita. Cfr. Relazione introduttiva di Federico Maistrello alla serata con Aldo Cazzullo, (Spazi Bomben - Treviso, 10-6.2015), minuto 01:51. Vedi anche la testimonianza di Carlo Minello, 1921, amico del caduto partigiano Consolato Laganà e, durante la guerra, abitante a S. Artemio di fronte a Villa Margherita.
** Di un contatto del parroco di Villorba con il vescovo di Treviso, avvenuto il 29 aprile 1945, c'è traccia nel verbale della seduta del CLN provinciale del 30 aprile 1945. Cfr. Marco Borghi, Dopo la guerra..., p. 85.
*** Si tratta di un'evidente incongruenza, in quanto i tedeschi avevano abbandonato Treviso già domenica 29 aprile, giorno in cui nel capoluogo si insediarono il nuovo prefetto Leopoldo Ramanzini e le altre autorità nominate dal CLN.



La cronistoria del parroco di Villorba don Giuseppe Bagaglio
Cronistoria del parroco di Villorba: «Il Comandante tedesco avea assicurato
il parroco che li avrebbe lasciati liberi tutti... ».
(Cronistorie di guerra ... 1939-1945, a c. di Erika Lorenzon)


Trascrizione

«29 Aprile 1945 = Giornata luttuosa. Una compagnia della S. S. tedesca (si giudica quella stessa che avea liberato il Duce dalla fortezza del Gran Sasso), si rese colpevole dell’uccisione di otto patriotti, catturati due giorni prima a Fontane; il parroco, appena seppe del truce divisamento si interessò, per ottenere la loro liberazione o almeno che, pur rimanendo ostaggi, non venissero fucilati oppure fossero mandati a lavorare in Germania. Fu fiato sprecato: di 14, quanti erano, ne furono uccisi Otto, mentre ripetutamente il Comandante tedesco avea assicurato il parroco che li avrebbe lasciati liberi tutti prima di partire da Villorba. Più doloroso fu che i tedeschi non ebbero nemmeno la lontana idea di favorire i condannati dell’assistenza religiosa: furono fucilati vicino al cimitero inconfessi, mezz'ora prima della partenza dei soldati tedeschi».




27 - 28 aprile 1945: Battaglione Rino e Bruno Chiarello, combattimenti e cattura di soldati tedeschi nei dintorni di Treviso

Nei giorni in cui i patrioti di Fiera erano rinchiusi nelle scuole di Villorba, un solo battaglione partigiano catturò un discreto numero di soldati tedeschi. Pertanto l'ipotesi di uno scambio di prigionieri fra partigiani e tedeschi non sarebbe stata campata in aria. Se non fosse stato per l'assoluta indisponibilità tedesca a trattare con avversari da loro considerati non militari, ma civili "franchi tiratori", con un'interpretazione del tutto restrittiva della Convenzione dell'Aja del 1907 a quel tempo in vigore.
Si veda, per quanto riguarda questo comportamento dell'esercito occupante, l'episodio della resa alla Fonderia ricordato dal testimone Berto Secoli, con i comandanti germanici di quel ricco deposito della sussistenza che pur di non arrendersi ai partigiani andarono a consegnare le armi in casa dell'appuntato dei vigili urbani Secoli, cioè a un uomo in divisa, un rappresentante dell'autorità costituita ... e nel frattempo arrivarono i partigiani a cacciarli, provocando morti e feriti nelle loro fila.

Cattura di prigionieri tedeschi da parte dei partigiani del battaglione Chiarello
nei combattimenti attorno a Treviso dei giorni 27 e 28 aprile 1945.
(Aistresco, ID 123, b.10, fasc. Azioni militari, Diario storico btg. Rino e Bruno Chiarello)

Trascrizione
«Venerdì 27 disarmo dei tedeschi impossessandosi delle armi, arresto di 3 brigate nere nella zona di Treviso mentre un altro gruppo attaccava nei pressi di Vascon un presidio tedesco facendo tre morti e vari prigionieri
Sabato 28 Aprile ore 13 nei pressi di Maserada si attaccava un camion tedesco dopo una ventina di minuti di sparatoria abbiamo avuto la meglio, il nemico ha lasciato sul terreno due morti ed una ventina di feriti. Da parte nostra un ferito leggero. Ore 16 2 camion tedeschi carichi di benzina e munizioni sono stati riquperati, in questa azione abbiamo fatto 17 prigionieri, materiale [e] prigionieri sono stati portati a Mignagola.
Ore 18 un posto di soccorso veniva da noi organizzato in città (S. Francesco) Ore 20 in collegamento con la Brigata Bavaresco un nostro gruppo blocca le strade che dalle Corti porta in città, mentre altri reparti attaccavano la fonderia sita a S. Maria del Rovere, sostenendo un duro combattimento, due dei nostri compagni sono stati feriti, mentre il nemico ha lasciato sul terreno 4 morti e una decina di feriti.
Ore 23 una nostra pattuglia attacca un gruppo di tedeschi (7) sulla strada Circonvallazione fra Porta Manzoni e Porta Filippini disarmandoli e trattenendoli prigionieri.
Ore 23,30 la stessa pattuglia punta direttamente in città da via Manzoni S. Francesco, piazza S. Vito, Piazza dei Signori, S. Leonardo, Piazza Mazzini ove all’uscita della città (Porta S. Tommaso) attacca un camion tedesco che dopo sparatoria riesce a fuggire. Nostri gruppi intanto sono impegnati nei pressi di Villa Margherita (S. Artemio) con formazioni tedesche che tentano la fuga dai vari comandi anche qui sono stati fatti dei prigionieri e recuperato armi».
(Aistresco, ID 123, b.10, fasc. Azioni militari, Diario storico btg. Rino e Bruno Chiarello)


Iniziative dei comunisti di Fiera a favore dei partigiani caduti

Sottoscrizione a favore delle famiglie dei caduti partigiani
indetta a Fiera da Mirko [Mirco] Fermi e dalla sezione del Partito Comunista.
(Il Gazzettino, particolare di un articolo del 25 luglio 1945)

Trascrizione
Il popolo di Fiera / alle famiglie dei caduti / per la liberazione
«La Sezione di Fiera del Partito comunista comunica:
A Fiera subito dopo la liberazione, su iniziativa dell’industriale Fermi Mirko [Mirco], è stata raccolta la somma di L. 320.900 da devolvere alle famiglie dei Caduti per la liberazione ed ai più bisognosi. [...]
Le somme raccolte sono state così distribuite:
A famiglie di Caduti per la Liberazione: Benvenuto Guido 30 mila; Cattarin Giovanni 15 mila; Vedova Mestriner 10 mila; Madre Caduto Mestriner 10 mila; Buttazzoni Cecilio 20 mila; Fantin Maria 20 mila; Gobbo Roma 15 mila; Moretto Fioravante 10 mila; Paoli Nicola 15 mila; Soldera Carlotta 15 mila; Famiglia Conte 5 mila; Campanella Emma 10 mila.
Per funerali Caduti sono state pagate alla ditta Pascotto L. 2800, Nardellotto Agostino lire 20.700. Per i funerali la Ditta Mobilificio Piovesan ha offerto tre casse in larice.
In occasione del Trigesimo sono state spese L. 1270 e cioè L. 230 per epigrafe, L. 500 per ufficiatura funebre, L. 540 per foto.
Per lapidi Caduti Mestriner, Fantin, Gobbo sono state pagate alla ditta F.lli Bisetto di Fiera L. 19.160.
La somma offerta alla famiglia del Caduto [Buttazzoni] Italo è stata devoluta dalla famiglia stessa per una tomba che verrà fatta a suo tempo. Per ora la somma è accantonata nella sede del Partito Comunista di Fiera. [Primo accenno all'ipotesi di un monumento in memoria dei caduti].
Somme distribuite a famiglie povere del paese: Foffano Sottana lire 3000, De Longhi Bianca 3000, Cervasel Arsilia 3000, Crosato Luigi 1500; Fermi Fortunato 500; Piccolo Luciana 1000; Bianchin Leonilde 2000, Gentilin Rosa 3000, Gargiulo Clara 2000, Albanese Carmela 2000, Grassato Imelda 1500, Fiabon Ginevra 1500, Saran Augusta 1000, Brusatin Pia 2000, famiglia Fantin 1000. A dei Patrioti calabresi che rientrano in famiglia L. 1000. Ad un internato dalla Germania che rientra a casa L. 500. Totale L. 248.430.
La somma rimasta e cioè L. 72.470 è stata consegnata interamente, insieme con le ricevute delle somme erogate, al Comitato d’Ass.[istenza] formatosi in questi giorni e formato interamente dal Comitato di Liberazione Nazionale Rionale di Fiera. Di detto Comitato fanno parte i sigg. Barbon Emilio, Barbaro Eugenio, Cian Pietro, Fregonese Bruna, Mazzariol Italo, Varaschin Antonio, Fermi Mirko.
Le somme sono state distribuite dopo il consenso di una commissione formata da 13 persone del luogo».  (Il Gazzettino, 25 luglio 1945)





Alerame Zanin (1911-1966), autista del camioncino dei partigiani fucilati a Villorba e unico sopravvissuto,
in una foto del 1960. (Collezione Mario Mazzon). Alerame — uno dei sette figli (quattro maschi e tre femmine)
del venditore ambulante Vincenzo (Cencio) e di Elvira Toniolo   apparteneva a una 

delle più note famiglie di comunisti e partigiani di Porto di Fiera.
Suo fratello Antonio (Toni del pesce, pescivendolo, venditore di folpi alle Fiere e di angurie d'estate
all'angolo fra la via che porta alla chiesa e la Callalta) nei giorni dell'insurrezione era vicecapo di SM
del btg. autonomo garibaldino Rino e Bruno Chiarello operativo nel capoluogo e nella periferia.

(Informazioni sulla famiglia Zanin: Adriano Caldato di Porto di Fiera.
Sul ruolo di Antonio Zanin nella Resistenza: Aistresco, b. 26, id 374,
 fasc. Diario storico generale delle formazioni partigiane del Trevigiano)

Alerame Zanin appoggiato all'ingresso della sua abitazione in via Callalta 39
(Porto di Fiera). Alerame, pur avendo una menomazione a una gamba a causa
della poliomielite, riuscì ad ottenere la patente e a lavorare con i camion di Mazzon e Fermi.
Il primo da sx è il padre di Alerame, Vincenzo (Cencio) Zanin. La bambina in primo piano
al centro della foto è Alba Cibin, sorella del sindacalista Elio. (Collezione Mario Mazzon)
 

Prato di Fiera, poco dopo la guerra. A destra Mirco Fermi, uno dei proprietari
del camioncino Fiat 18BL usato dai partigiani e promotore (con la sezione del PCI di Fiera)
della sottoscrizione pro famiglie dei caduti e per l'erezione del monumento.
L'altro proprietario del camion era Carlo Mazzon, non presente in foto.
(Collezione Mario Mazzon, Porto di Fiera)


Hanno collaborato a questa ricerca (e ringrazio)

Il cav. Onorio Ghirardo, Villorba.

Agostino Zago, nato a Villorba e residente a Ponzano Veneto.

Rino Botter (a sinistra), nato a Silea e residente a Fiera.
Adriano Caldato, nato e residente a Porto di Fiera



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