Venticinque Aprile, Quinto di Treviso - Resistenza veneta
Un episodio della Resistenza: la morte di nove partigiani
Un episodio della Resistenza: la morte di nove partigiani
nel giorno della liberazione di Treviso
Nella tarda serata del 28 aprile 1945 una colonna motorizzata di SS, priva di carburante, si fermò a
Cappella di Scorzè (VE) e vi trascorse la notte non
prima di aver rinchiuso nel campanile tutti i maschi giovani del luogo. Al
mattino successivo, arrivati i rifornimenti, si rimise in moto verso Treviso (1).
Nella notte fra il 28 e il 29 aprile a Sant'Alberto di Zero - dove ormai si era dissolto il locale distaccamento fascista della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) (2) - passò per un saluto a casa un gruppo di partigiani. Al mattino due di essi, Mario De Marchi e Oscar Sartor furono trattenuti dai familiari: “Adesso basta, è troppo pericoloso, dovete restarvene a casa”. Oscar fu addirittura chiuso a chiave da sua madre nella stanza in cui si era fermato a dormire (3).
Bruno Guolo e Ottorino Alessandrini si diressero invece verso Quinto e la strada statale Noalese. Con loro Luigi Mazzucco, la cui grande casa paterna nel colmello di Cannaregio a Zero Branco era stata incendiata qualche giorno prima dai fascisti (4).
Alessandrini, Guolo, Mazzucco e gli altri appartenevano alla brigata Mameli di Giustizia e Libertà, che a Sant'Alberto aveva il principale centro di reclutamento (5).
Anche Rino De Vecchi, di Canizzano, il 29 aprile si diresse di buon mattino, assieme a due compagni che erano passati a prenderlo, verso la Noalese. Cavalcava una moto sequestrata il giorno precedente ai tedeschi e portava orgoglioso al collo il fazzoletto della Mameli (6).
L’ordine giunto a tutte le formazioni partigiane del Trevigiano, era semplice: fermare, disarmare e fare prigionieri il maggior numero possibile di tedeschi, ostacolare in tutti i modi la loro ritirata verso le montagne.
Era l'ordine dell'insurrezione.
Il 29 aprile era una domenica primaverile e soleggiata, a differenza di due giorni prima quando "con concorso assai notevole di popolazione nonostante il tempo cattivo (7)" era stato sepolto Marco Graziati di Quinto, ucciso dalle Brigate Nere.
Per i giovani che avevano trascorso gli ultimi mesi alla macchia, la giornata si sarebbe dovuta concludere nel capoluogo dove già dal mattino si era insediata nel palazzo della prefettura la nuova Giunta provinciale emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale e dove, in un clima di euforia ed eccitazione, si attendeva l’arrivo degli alleati, dato per imminente.
Ma se dentro le mura di Treviso si festeggiava, lungo le strade che portavano a nord - in quel giorno d'aprile del '45, il penultimo dell’esercito tedesco in terra trevigiana - si continuava a combattere. Anzi, per i partigiani di pianura fu quello il più sanguinoso fra tutti i giorni della resistenza: al calar della sera si conteranno infatti 46 partigiani rimasti sul terreno (8).
Di essi, nove erano morti sulla Noalese, in territorio di Quinto.
Il fatto d'arme di Quinto
Nella notte fra il 28 e il 29 aprile a Sant'Alberto di Zero - dove ormai si era dissolto il locale distaccamento fascista della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) (2) - passò per un saluto a casa un gruppo di partigiani. Al mattino due di essi, Mario De Marchi e Oscar Sartor furono trattenuti dai familiari: “Adesso basta, è troppo pericoloso, dovete restarvene a casa”. Oscar fu addirittura chiuso a chiave da sua madre nella stanza in cui si era fermato a dormire (3).
Bruno Guolo e Ottorino Alessandrini si diressero invece verso Quinto e la strada statale Noalese. Con loro Luigi Mazzucco, la cui grande casa paterna nel colmello di Cannaregio a Zero Branco era stata incendiata qualche giorno prima dai fascisti (4).
Alessandrini, Guolo, Mazzucco e gli altri appartenevano alla brigata Mameli di Giustizia e Libertà, che a Sant'Alberto aveva il principale centro di reclutamento (5).
Anche Rino De Vecchi, di Canizzano, il 29 aprile si diresse di buon mattino, assieme a due compagni che erano passati a prenderlo, verso la Noalese. Cavalcava una moto sequestrata il giorno precedente ai tedeschi e portava orgoglioso al collo il fazzoletto della Mameli (6).
L’ordine giunto a tutte le formazioni partigiane del Trevigiano, era semplice: fermare, disarmare e fare prigionieri il maggior numero possibile di tedeschi, ostacolare in tutti i modi la loro ritirata verso le montagne.
Era l'ordine dell'insurrezione.
Il 29 aprile era una domenica primaverile e soleggiata, a differenza di due giorni prima quando "con concorso assai notevole di popolazione nonostante il tempo cattivo (7)" era stato sepolto Marco Graziati di Quinto, ucciso dalle Brigate Nere.
Per i giovani che avevano trascorso gli ultimi mesi alla macchia, la giornata si sarebbe dovuta concludere nel capoluogo dove già dal mattino si era insediata nel palazzo della prefettura la nuova Giunta provinciale emanazione del Comitato di Liberazione Nazionale e dove, in un clima di euforia ed eccitazione, si attendeva l’arrivo degli alleati, dato per imminente.
Ma se dentro le mura di Treviso si festeggiava, lungo le strade che portavano a nord - in quel giorno d'aprile del '45, il penultimo dell’esercito tedesco in terra trevigiana - si continuava a combattere. Anzi, per i partigiani di pianura fu quello il più sanguinoso fra tutti i giorni della resistenza: al calar della sera si conteranno infatti 46 partigiani rimasti sul terreno (8).
Di essi, nove erano morti sulla Noalese, in territorio di Quinto.
Il fatto d'arme di Quinto
Dalla relazione del comandante della Mameli, Raffaello Rapisardi, sappiamo che tutto ebbe inizio con i partigiani della sua brigata che disarmarono e fecero prigionieri un gruppo di tedeschi
il cui camion si era fermato per mancanza di carburante nei pressi della trattoria Al Gambero, sulla Noalese [8.a].
[...]
NOTE
(1) Testimonianza di Antonio Mazzonetto, Cappella di Scorzè 1946, registrata il 30.12.2013.
(2) In seguito alla resa senza condizioni di tutte le formazioni militari della Repubblica Sociale Italiana (RSI) presenti nel Veneto - inteso come Tre Venezie - avvenuta a Padova il giorno precedente. Vedi il proclama reso pubblico nella notte del 27 aprile 1945 dal Comando Militare Regionale Veneto pubblicato in Schiavetto 1997, 1. ed., pp. 175-76 "[...] Oggi 27 aprile alle ore 20,30, in Padova, tra i rappresentanti del C.L.N.R.V. , del C.M.R.V., del C.L.N.P. di Padova ed il Commissario Straordinario del Governo per il Veneto della R.S.I. ed il Comandante Regionale Militare per il Veneto della R.S.I., l'atto di resa è stato firmato. [...]".
(3) Da Una pagina della nostra storia, 29 Aprile 1945-29 Aprile 1984. Ricerca della classe V della Scuola elementare di S. Alberto, a.s. 1983/84, maestra Flora Alessandrini. Testimonianze di Oscar Sartor e Mario De Marchi.
(4) Testimonianze di Carlo Mazzucco, Zero Branco 1937, registrata il 30.12.2013 e di Lucia Mazzucco, Zero Branco, registrata il 6.1.2014
(5) Vedi elenco componenti brigata Mameli, poi Bortolato, in Aistresco, fondo Caporizzi, 008 - 102, G. Brigate Giustizia e Libertà, sf. Brigata Bortolato e Gianpier Nicoletti, 1999, p. 291
(6) Testimonianza del fratello Luciano, 1933, registrata il 28.12.2013.
(7) Parrocchia di Quinto, Registro morti Anno 1909 - 1952, 27 aprile 1945. Nota del parroco don Ruggero Andreatta. Per le condizioni meteorologiche di domenica 29 aprile "splendida giornata di primavera", crf. Riccardo Masini: Istrana, Paese mio, 1987, p. 253.
(8) Elio Fregonese (a c.), I caduti trevigiani nella guerra di liberazione 1943-1945, Introduzione di Livio Vanzetto, interventi di Ferruccio Vendramini e Mario Ulliana, Seconda edizione con integrazioni, 1997.
[8.a] A pubblicazione su libro ormai avvenuta, sono venuto a conoscere
dei particolari - durante un’intervista a Irma Zandiri, 1922, del luogo, (intermediario Tiziano Rech, 1945, figlio del gestore della trattoria Al Gambero nel 1945) - che da un lato chiariscono la ricostruzione dell’episodio (in particolare quella basata sulla testimonianza di Ida Munaretto, nel libro a p. 48), e dall'altro - in mancanza di ulteriori testimoni - la complicano.
La sostanza complessiva del fatto d’arme, cioè i nove morti per mano tedesca, non cambia.
Compare tuttavia un elemento nuovo: un rastrellamento tedesco iniziale di nove ostaggi civili del posto. Resta anche da chiarire come e dove siano stati uccisi i tre partigiani di Zero Branco, visto che alla Zandiri non risulta che siano stati catturati all'interno del Gambero, né che siano stati fucilati sotto i ciliegi.
Secondo questa nuova testimonianza, a disarmare per primo i tedeschi che si erano fermati
col camion sotto la tettoia del Gambero sarebbe stato un certo Benendo, abitante nei pressi, che i testimoni negano fosse partigiano, ma che nella lista stilata dal CLN di Quinto risulta come tale.
Uno dei soldati presenti nel camion riuscì a non farsi catturare e - evidentemente a conoscenza che numerose SS erano alloggiate nelle case delle famiglie contadine della zona - si recò dai Dal Zilio detti Salini (una di queste famiglie) a chiedere rinforzi. Poco dopo arrivò una pattuglia di tedeschi, portando con sé nove ostaggi civili (fra i quali Mario Rech, gestore del Gambero, ed Emilio Schreiber con la sua amante).
Gli ostaggi furono messi al muro nel retro del Gambero, sotto il tiro di una mitragliatrice.
A quel punto la moglie di Mario Rech mandò a chiamare un ufficiale tedesco (“un comandante”) di stanza in una delle ville del centro e che la signora conosceva bene perché frequentava la trattoria. L'ufficiale arrivò, passò in rassegna gli ostaggi e ne riconobbe sette come estranei al fatto. Li fece uscire dalla fila addossata al muro, lasciandoli liberi. Non riconobbe invece Schreiber e la sua
compagna che vennero condotti in una rientranza di via Boiago. Qui, sul confine di casa Andrighetti, sotto un grosso ciliegio, venne fucilato il solo Emilio Schreiber mentre la sua donna fu risparmiata e si allontanò con i tedeschi.
Nel frattempo il Benendo di cui abbiamo detto sopra era riuscito a fuggire e a porsi in salvo.
Al pomeriggio della stessa domenica 29 aprile 1945 Irma Zandiri si recò in bicicletta dapprima in via Boiago, dove vide il solo cadavere di Schreiber e successivamente sulla Noalese (più o meno all'altezza di dove ora sorge il cippo) dove vide i corpi senza vita dei partigiani.
La Zandiri (che è una testimone dalla memoria lucida [“Eh monega, non so mia
insemenìa, ancora!”, si schermisce], diretta e credibile, dato che all'epoca aveva 23 anni e dava una mano nella conduzione del Gambero), non sa dire se i cadaveri dei tre partigiani di Sant'Alberto di Zero Branco fossero tra quelli presenti ai bordi della Noalese, ma nega che Alessandrini, Guolo e Mazzucco si fossero rifugiati dentro la trattoria e lì, dopo resistenza armata, fossero stati catturati. [C.P. 1.7.2015]
Kampftage der SA 1938 //
Distintivo delle SA tedesche trovato durante l’aratura nei campi del sig. Lino Dal Bianco,
situati a est della strada Noalese e vicino alla località dello scontro.
La scritta sul bordo recita:
KAMPFTAGE
DER SA - GRUPPE FRANKEN . 1938 .
Intervistato dall'autore (file 13121702, al minuto 06:20) Dal Bianco riferì:
“Avevamo paura, perché li avevamo in casa, noi, i tedeschi…”
(Il distintivo è stato donato all'Istresco dal dr. Mario Marangon, veterinario, autore del libro “Da ieri sera suona terribilmente il cannone”, sulla prima guerra mondiale a Quinto). |
La ricerca della maestra Flora Alessandrini
L'unica persona che in tutti questi anni ha approfondito il tragico episodio del 29 aprile 1945 è stata la maestra Flora Alessandrini, della scuola elementare di S. Alberto. Nell'anno scolastico 1983-84, con i suoi allievi della classe V, realizzò una serie di interviste ad ex partigiani e a testimoni oculari dello scontro a fuoco che sfociarono in una preziosa pubblicazione dal titolo Una pagina della nostra storia, 29 Aprile 1945 - 29 Aprile 1984. Una copia originale della ricerca è conservata nell'archivio dell'Istresco fra le carte di Elio Fregonese (all'epoca presidente dell'ANPI trevigiana) che partecipò con l'intendente della Mameli Giuseppe Martellone agli incontri con i ragazzi di Sant'Alberto. Una copia - con solo il testo - è presente anche nella biblioteca comunale di Zero Branco.
Particolare di una pagina della ricerca sul fatto d'arme di Quinto
realizzata nell'anno scolastico 1983-84 dalla maestra Flora
Alessandrini (nipote del partigiano Ottorino) e dai suoi allievi della classe V,
scuola elementare di Sant'Alberto di Zero Branco (Treviso).
Resistenza Zero Branco, Sant'Alberto di Zero BrancoBandiera della brigata partigiana Goffredo Mameli di Giustizia e Libertà, Treviso (Resistenza - partigiani - Zero Branco - 1945 |
|
Video
Flora Alessandrini parla di suo zio, il partigiano Ottorino Alessandrini,
e della sua ricerca.
Flora Alessandrini parla di suo zio, il partigiano Ottorino Alessandrini,
e della sua ricerca.
Arriva la notizia della morte dei partigiani
Domenica 29 aprile 1945 gli alleati erano entrati a Padova già al mattino anche se continuavano ad essere impegnati da mezzi corazzati tedeschi bloccati dai
partigiani tra Salboro e il Bassanello e che sparavano verso il centro. A Mestre
le avanguardie alleate avevano fatto il loro ingresso alle 14. (1)
Lungo la Noalese, a
Quinto e negli altri paesi a sud ovest di Treviso il susseguirsi dei tedeschi
in ritirata era osservato con angoscia dagli abitanti chiusi in casa. «Stavo sulla finestra della mia casa con
il balcone socchiuso per guardare sulla via. Un soldato delle S.S., credendomi
una spia, sparò nella mia direzione. Nel muro ci sono ancora i fori dei
proiettili». «In paese c'era un clima angoscioso, tutti i bar erano chiusi e si tenevano i balconi accostati per spiare sulle strade perché c'erano i tedeschi in fuga e gli americani dietro»(2).
[...]
Il carro dei morti
Nel percorso da San Cassiano di Quinto a Treviso il carro con
i cadaveri dei partigiani transitò per Canizzano e S. Angelo. Carmela Pavan
(1937) frequentava la seconda elementare alla Contardo Ferrini di S. Angelo (ai bordi di strada S. Angelo) che
- come tutti gli uffici pubblici - aveva ricevuto l’ordine dalla nuova amministrazione
di riaprire e riprendere la normale attività (8).
Il ritorno delle
salme e i funerali
I corpi straziati di Alessandrini, Guolo e Mazzucco furono
in seguito riportati a casa, per essere lavati e composti per le esequie - dalle madri e dalle donne del paese - con
una ritualità antica che richiama alla mente la cura degli eroi greci caduti
sul campo di battaglia. I funerali di Alessandrini e Guolo - inumati nel cimitero di S. Alberto, nella stessa tomba per volontà della fam. Alessandrini - furono un evento memorabile. Enorme affluenza anche a Zero Branco per i funerali di "Gigetto" Mazzucco.
Le esequie di Carlo Bortolato, Vito Rapisardi, Emilio Schreiber e Bruno Chiarello si tennero invece nel tempio di San Francesco a Treviso, mercoledì 3 maggio 1945. Le salme vennero poi sepolte nel cimitero di San Lazzaro
Rino De Vecchi e Francesco Colamarino furono sepolti - sempre con grande partecipazione di popolo - il 2 maggio; il primo a Canizzano, il secondo a Levada di Piombino Dese, dove aveva trovato rifugio dopo l'8 Settembre 1943.
Rino De Vecchi e Francesco Colamarino furono sepolti - sempre con grande partecipazione di popolo - il 2 maggio; il primo a Canizzano, il secondo a Levada di Piombino Dese, dove aveva trovato rifugio dopo l'8 Settembre 1943.
[...]
NOTE
(1) Per la liberazione di Mestre e Padova, cfr. C.L.N. Corpo Volontari della Libertà, Comando Militare Regionale Veneto, Azioni militari del periodo insurrezionale che hanno condotto alla liberazione del Veneto, Padova, 15 agosto 1945, pp. 20 e 23.
(2) Antonio Vanin, Quinto di Treviso e Maria Guolo, Sant'Alberto, Una pagina..., pp. 3 e 13.
[...]
Riguardo alla testimonianza di Carmela, che all'epoca aveva 8 anni, non è da escludere che la scuola rurale di S. Angelo fosse aperta già lunedì 30 aprile.
Chi erano i nove partigiani?
Per
quanto riguarda questo piccolo campione, peraltro piuttosto rappresentativo,
sembra quindi decisamente esagerata l’affermazione del prof. Enrico Opocher,
uno dei massimi esponenti di Giustizia e Libertà (in cui militavano i nove partigiani)
e fra i fondatori del Partito d’Azione, secondo cui “la Resistenza è stata, in grandissima parte
contadina”(2). Certo,
è vero che “non
c'era la popolazione che difendeva
il punto di
vista fascista”(3),
ma è altrettanto vero che i contadini avrebbero fatto molto volentieri a meno
di aiutare chi combatteva, desiderando solo che la guerra finisse, e al più
presto.
I contadini aiutarono i partigiani - come aiutarono imboscati, renitenti ai bandi fascisti e prigionieri alleati - permettendo loro di nascondersi in fienili e stalle e dando loro da mangiare in cambio, quando andava bene, di un “pagherò” alquanto aleatorio (4). È evidente che senza questo aiuto, o quanto meno senza questo “so che ci sei, ma no lo dico a nessuno” non ci sarebbe stata lotta armata clandestina, men che meno in pianura.
[...]
Prima di tutto quello che non erano.
Non erano del paese di Quinto, tranne
il cinquantaquattrenne Emilio Schreiber, registrato all'anagrafe come commerciante, di cui nessuno ha saputo dire chi fosse e cosa commerciasse.
Non erano contadini, pur agendo la
brigata Mameli in aperta campagna.
Figli di contadini sì, ce n’erano
due.
[...]
Fausto Schiavetto, 1997 - Copertina di Intervista ad Enrico Opocher |
I contadini aiutarono i partigiani - come aiutarono imboscati, renitenti ai bandi fascisti e prigionieri alleati - permettendo loro di nascondersi in fienili e stalle e dando loro da mangiare in cambio, quando andava bene, di un “pagherò” alquanto aleatorio (4). È evidente che senza questo aiuto, o quanto meno senza questo “so che ci sei, ma no lo dico a nessuno” non ci sarebbe stata lotta armata clandestina, men che meno in pianura.
Note
(2) Schiavetto, p. 98.
(3) Ibidem.
(4) Chi scrive non è a conoscenza di ricerche
effettuate sull'effettivo rimborso dei buoni di acquisto rilasciati dai
partigiani ai contadini (e in genere alla popolazione civile). Nei verbali del
CLN riportati da Borghi i casi di rimborso non mancano, vedi pp. 270 e 404.
EMILIO SCHREIBER
Di lui
non si sa niente al di fuori di quanto si trova nel registro dei morti del
comune di Quinto e nel repertorio dei caduti trevigiani della Resistenza curato
da Elio Fregonese.
Anagrafe del Comune di Quinto
Schreiber Emilio, anni 54, razza ariana, nato a Torino dal fu Ferruccio, possidente, e da Cristiani Giuseppina, casalinga. Residente a Treviso, commerciante, coniugato con Da Ronco Emilia.
[...]
FRANCESCO COLAMARINO
Francesco Colamarino, Alfedena (AQ), 21 ottobre 1924 Quinto di Treviso, 29 aprile 1945, partigiano di Giustizia e Libertà, medaglia di bronzo al valor militare. |
L'abruzzese soldato di fanteria Colamarino era figlio di Amedeo, calzolaio e di Ester Mafalda (Lucietta) Gelso, casalinga, come c'informa il suo atto di nascita.
Trascrizione: L'anno mille novecento
ventiquattro, addì ventiquattro di Ottobre [...] nella Casa Comunale. Avanti di me Caroselli Domenico segretario [...] Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Alfedena è comparso Colamarino Amedeo, di anni ventisette, calzolaio, [...] il quale mi ha dichiarato che alle ore diciassette del dì ventuno del corrente mese, nella casa posta in via Borgo Veroli al numero Sedici, da Gelso Ester Mafalda di anni diciannove casalinga sua moglie secolui convivente [...] è nato un bambino di sesso maschile che egli mi presenta e a cui dà i nomi di Francesco Eraclio. A quanto sopra e a questo atto sono stati presenti i testimoni Di Falco Filomena, di anni quarantacinque, levatrice e Di Giulio Villa, di anni trentaquattro, casalinga entrambi residenti in questo comune. [Letto ... sottoscritto]. |
La notizia della sua morte, lontano da casa, procurò un dolore senza fine. Ricorda la nipote Assunta Buzzelli che in famiglia non si poteva nemmeno nominare Francesco, perché nonna Lucietta «veniva sempre presa da irrefrenabile commozione e dolore».
La procedura di trascrizione dell'avvenuto decesso di Francesco nei registri anagrafici del comune di Alfedena, seguirà i tempi lunghi della burocrazia. La copia dell'atto di morte di Colamarino sarà inviata dal comune di Quinto alla Procura del Regno di Treviso nell'aprile del 1946 mentre la definitiva apposizione della dicitura "morto" nell'atto di nascita (comune di Alfedena) non avverrà che nel settembre del 1950, dopo che finalmente la Procura della Repubblica di Treviso inviò l'atto a quella dell'Aquila. |
(Si ringrazia per la collaborazione Leondina Crispi
Testimonianza dell'intendente della brigata Mameli, avvocato Giuseppe Martellone:
Nelle prime ore del pomeriggio del 29 aprile mi trovai in piazza dei Signori, dove vidi un'auto bianca con il tricolore poggiato sul muso recante la scritta: Brigata Goffredo Mameli. A custodirla c'era un giovinetto Abruzzese di bellissimo aspetto, era Calamarino. Chiesi come mai fosse lì ed egli mi rispose che in mattinata Raffaello Rapisardi ed altri avevano disarmato un gruppo di tedeschi, prendendo loro l'auto e lasciandoli liberi di andare. Ora quel gruppo di partigiani aveva intenzione di dirigersi in auto verso Padova per accogliere gli angloamericani, ma sulla strada di Quinto trovarono ad accoglierli la morte. (Una pagina... , p. 16)
Motivazione della medaglia di bronzo
Colamarino Francesco, di Amedeo e di Gelso Ester Mafalda, da Alfedena (AQ), classe 1924.Alla memoria - Comandante di squadra partigiana partecipava a numerose azioni di guerriglia, distinguendosi ripetutamente per valore, capacità e spirito di sacrificio.
Offertosi volontario in un'azione di rinforzo ad una formazione partigiana che stava per essere sopraffatta da preponderanti forze avversarie, si lanciava sparando contro il nemico, ma nell'audace azione, colpito a morte, cadeva gloriosamente per gli ideali di libertà.
(Al Gambero, Quinto di Treviso, 29 aprile 1945 / Decreto 21 marzo 1970 - G.U. 131/70)
Come spesso succede con i soldati morti in guerra, il cognome di questo partigiano è scritto in due modi diversi. Nel monumento è riportato come Calamarino Francesco; nella relazione Rapisardi viene usata, nel titolo, la dizione Colamarino e nel testo Calamarino; nella motivazione della medaglia al valore e nella cronaca parrocchiale di Levada di Piombino Dese (PD) si trova scritto invece COLAMARINO Francesco.
Il cognome Colamarino è confermato dalle carte dell'Anagrafe.
Cronistoria parrocchiale di Levada di Piombino Dese località al confine fra le province di Padova e Treviso dove Francesco Colamarino trovò ospitalità dopo l'8 Settembre e nel cui cimitero venne sepolto il 2 maggio 1945 "con largo concorso di popolo". |
BRUNO CHIARELLO
Partigiani di Treviso - Bruno Chiarello, 1923-1945, partigiano di Giustizia e Libertà, medaglia di bronzo al valor militare. Resistenza, Quinto, Treviso |
Neppure di Bruno Chiarello si hanno notizie oltre a quelle ufficiali.
Elenco dei caduti partigiani
Chiarello Bruno, di Angelo, da Treviso, classe 1923. Marinaio - Deposito CREM di Venezia. Partigiano Combattente, Brigata Gobbato, Gruppo Brigate Giustizia e Libertà. Medaglia di Bronzo al Valor Militare.
Motivazione medaglia di bronzo
Chiarello Bruno, di Angelo e di Biasuzzi Erminia, da Treviso, classe 1923.
Alla memoria - Vice Comandante di Formazione partigiana partecipava a numerosi combattimenti, dando ripetute prove di coraggio, capacità e spirito di sacrificio.
Volontario in una azione di rinforzo ad un reparto partigiano che stava per essere sopraffatto da preponderanti forze avversarie, si lanciava all'attacco battendosi strenuamente ed infliggendo sensibili perdite al nemico.
Rimasto ferito non desisteva dal combattimento, finché, colpito a morte, cadeva gloriosamente con l'arma in pugno.
(Veneto, 1 gennaio 1944 - 29 aprile 1945 / Decreto 21 marzo 1970 - G.U. 131/70)
Liberazione del Veneto - Elenco dei partigiani di Treviso decorati al valor militare nella guerra di liberazione nazionale 1943-1945 a cura dell'ANPI di Treviso (Biblioteca Istresco). Resistenza a Treviso |
CARLO BORTOLATO
Liberazione del Veneto - Carlo Bortolato, 1911-1945, partigiano di Giustizia e Libertà, medaglia d'argento al valor militare. Resistenza nel Veneto - Treviso, Quinto di Treviso |
Riportiamo dapprima un lungo e commosso ricordo di Enrico Opocher (2) su Giustizia e Libertà, Settimanale Veneto del Partito d'Azione del 28 ottobre 1945, poi un trafiletto sul Gazzettino del 30 aprile 1946 (3) e infine un breve ritratto apparso sul n. 2 (18.5.1945) di Treviso Liberata, organo del CLN.
Enrico Opocher ricorda su Giustizia e Libertà, Settimanale Veneto del Partito d'Azione (28.10.1945) il partigiano Carlo Bortolato, responsabile militare del Gruppo Brigate di Giustizia e Libertà, morto a Quinto di Treviso il 29 aprile 1945. Resistenza a Treviso, Liberazione, Resistenza veneta 1945 |
[...]
Un ricordo su "Treviso Liberata" - Organo del Comitato di Liberazione Nazionale, n. 2, 18 maggio 1945
La testata e gli articoli d'apertura del secondo numero (18 maggio 1945) di "Treviso Liberata", Organo del Comitato di Liberazione Nazionale. (Aistresco, b.26) |
Anche il Comitato ha avuto i suoi morti: CARLO BORTOLATO rappresentante del Partito d'Azione nel Comitato stesso, caduto in combattimento quando già all'orizzonte era spuntata l'aurora della liberazione.
La figura di questo prode giovane, che per molti mesi aveva portato in seno al Comitato la sua fede purissima di Italiano, la sua competenza tecnica, politica e militare rimarrà eternamente scolpita nel cuore di coloro che lo ebbero per lungo tempo a compagno assiduo e capace nell'ardua lotta.
Motivazione medaglia d'argento
Bortolato Carlo, di Attilio e di Melliano Rosa, da Treviso, classe 1911.Capitano di Fanteria di complemento, Partigiano Combattente.
Alla memoria - Sorpreso dall'armistizio in territorio straniero, evitava la prigionia e riusciva a raggiungere il suolo patrio insieme ad alcuni dipendenti a bordo di un motoscafo da lui trafugato, portando con sé numerose armi e munizioni ed entrando subito nelle file della resistenza. Animatore instancabile, sempre di esempio ai commilitoni per la fede adamantina che animava ogni sua azione e per il sereno coraggio con cui affrontava i pericoli gravissimi che si frapponevano nell'espletamento dei compiti, costituiva ed organizzava tre brigate partigiane con le quali prendeva parte a numerosi combattimenti fra cui quello per la liberazione di un grosso centro cittadino, emergendo su tutti per il coraggio e la capacità di capo.
Nel corso dell'insurrezione finale, avuta notizia che un reparto partigiano stava per essere sopraffatto da preponderanti forze nemiche, si portava con pochi animosi sul luogo della lotta, deciso a tutto osare per liberare i fratelli d'arme stretti nella morsa nemica.
In tale eroico, generoso tentativo perdeva la vita.
(Veneto, 15 ottobre 1943 - 29 aprile 1945 / Decreto 13 ottobre 1969 , G.U. 27/70)
In onore di Bortolato, a un anno dalla sua uccisione, verrà anche dedicata una lapide nella
sede cittadina della Banca Commerciale Italiana, di cui era funzionario. (Salvatore Santangelo, p. 99)
In gioventù Carlo Bortolato era stato anche una promessa del canottaggio. Nel 1929 vinse il singolo Skiff nel Campionato dell'Adriatico (4).
Carlo Bortolato (dietro), vincitore della Coppa Nordio di canottaggio a Trieste, il 1 settembre 1929. Foto ripresa davanti alla nuova sede della Canottieri Sile, a Treviso. (Illustrazione Veneta, n. 7 - 1929) |
VITO RAPISARDI
Partigiani di Treviso, Liberazione del Veneto - Il giovane e brillante Vito Rapisardi, già laureato in legge a 23 anni viene ricordato con i versi del poeta spartano Tirteo "Morire è bello cadendo tra coloro che combattono in prima fila". (Archivio Paolino Guolo, Traduz. di Olga Pavan)
Vito Rapisardi, partigiano di Giustizia e Libertà, 1922-1945
|
Così è ricordato dallo zio avv. Natale Mazzolà, comandante partigiano liberale nella Val Brembana, in Pietro aspetta il sole, pp. 231-32.
[
[...]
Consapevole dei rischi che stava correndo e della morte sempre in agguato, all'approssimarsi dell'insurrezione finale, il 15 aprile 1945 Rapisardi consegnò al parroco di Roncade don Romano Citton il suo testamento spirituale, dal quale emerge un ragazzo maturo, tormentato da drammi interiori solo accennati, animato da una sicura fede religiosa e da un profondo amore di patria.
Il testamento venne stampato nel trigesimo della morte di Rapisardi, a cura del partito d'azione, dalla tipografia Crivellari di Treviso.
Trascrizione del testamento spirituale
In questo giorno quindici del mese di aprile dell'anno del Signore 1945 dopo un accurato esame di coscienza ho voluto tracciare questo mio testamento spirituale che verrà aperto dopo la mia morte e che da me viene consegnato in data odierna al Reverendo Parroco di Roncade do Romano.
In nome del Padre del Figliuolo e dello Spirito Santo - credo fermamente in Gesù Cristo nostro Signore e nei Santi Dogmi della Chiesa Cattolica.
In questo momento così burrascoso e inquieto che attraversiamo nel quale ogni valore morale viene a mancare e tutte le azioni più illegali e disoneste sono appoggiate dal regime della violenza io che credo fermamente nella religione cattolica ho voluto fare un accurato esame di coscienza per trovarmi pronto in qualsiasi momento al passo supremo che dovrà condurmi nel regno della pace e della felicità.
Testo completo della ricerca
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Vedi anche la pagina di Rapisardi su I caduti partigiani del Comune di Treviso
RINO DE VECCHI
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Il padre Vittorio, 1897-1978, che durante la Prima guerra era stato carabiniere, faceva il postino e lavorava alla stazione ferroviaria in prevalenza sulla linea Udine-Venezia; in paese era chiamato procaccia.
La madre era morta di tifo il 12 maggio 1943 "il giorno del mio compleanno - ricorda Luciano, il sesto figlio, nato nel 1933 - e non ho neanche una sua foto."
Luciano ricorda che suo fratello Rino era un ragazzo forte, che una volta, in piena guerra, dopo il bombardamento del 7 aprile...
[....]
Fu proprio grazie a questa sua abilità che Rino, l'ardimentoso, ebbe l'onore di guidare l'auto con gli uomini di punta del suo comando che in quel 29 aprile "saettò dalla piazza verso l'ignoto destino".
Su di lui - decimo morto del 1945 registrato nella parrocchia di Canizzano - la più semplice ed efficace delle epigrafi, scritta dal parroco don Gaetano Meneghini:
De Vecchi Vittorio,
Patriota morto
per l'Italia
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«Erano anni così. Quello che era più calmo è rimasto imboscato e si è
salvato la pelle, ma anche
i figli dei siori potevano star imboscati,
che a loro il padre aveva da dargli da mangiare. Perché non se ne sono stati tranquilli, imboscati?
Mio fratello era povero, non aveva niente, invece i
siori no ... alcuni hanno fatto i partigiani e sono morti assieme a mio fratello».
Così, con parole che racchiudono lo spirito di una scelta partigiana che ha accomunato persone coraggiose appartenenti alle più diverse classi sociali, Luciano De Vecchi conclude la sua testimonianza (8).
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OTTORINO ALESSANDRINI
Ottorino Alessandrini, partigiano. S. Alberto di Zero Branco, 2 ottobre 1925 Quinto di Treviso, 29 aprile 1945 |
Ottorino Alessandrini - figlio di Francesco (Chechi) un ex mezzadro di Sant'Alberto loc. Bertoneria che era riuscito a comprare qualche campo di terra, e per questo in paese veniva considerato benestante - era un ragazzo massiccio, appassionato di
ciclismo (aveva vinto anche delle gare), che amava suonare la fisarmonica e andare
a caccia. Di mestiere faceva il muratore.
Ricorda la nipote Flora: «Mia nonna ci
teneva a dire che tutti i suoi figli avevano un mestiere: Ottorino il muratore,
Aldo il sarto e mio papà Eliseo il decoratore; aveva imparato il mestiere dal
maestro Carlo Vendramin di Quinto, che era un pittore di buona mano». Ascolta la testimonianza
[...]
Documentazione fotografica
(Archivio privato Flora Alessandrini)
(Archivio privato Flora Alessandrini)
Amici e partigiani di Sant'Alberto di Zero Branco: (Da sx) - Ottorino Alessandrini, Mario De Marchi e Oscar Sartor. |
Sant'Alberto di Zero Branco, Treviso. Il partigiano Ottorino Alessandrini con fucile e cane da caccia. |
Ottorino Alessandrini, partigiano di Sant'Alberto di Zero Branco TV 2 ottobre 1925 - 29 aprile 1945. Santino funebre. |
1939 - Tessera di azione cattolica dell'aspirante maggiore Ottorino Alessandrini, S. Alberto di Zero Branco - Treviso. Si notano le firme del presidente nazionale Luigi Gedda e di quello provinciale Barazzuol. |
1939 - Tessera di azione cattolica - aspirante - di Ottorino Alessandrini. Da notare l'assenza, nella data, dell'indicazione dell'anno di Era Fascista. |
Flora Alessandrini Aureto, maestra, nipote del partigiano Ottorino e autrice della ricerca sul Fatto d'arme di Quinto del 29 aprile 1945. (Scuola elementare S. Alberto di Zero Branco, a.s. 1983-84) |
La via che il comune di Zero Branco ha dedicato al partigiano Ottorino Alessandrini, nel 1972, per iniziativa del consigliere comunale della DC Mario De Marchi, suo compagno di lotta nella brigata Mameli di Giustizia e Libertà. |
BRUNO GUOLO
Bruno Guolo, partigiano. Sant'Alberto di Zero Branco, 18 maggio 1924 Quinto di Treviso, 29 aprile 1945 |
Bruno Guolo era nato a S. Alberto nel mulino sul fiume Zero
vicino alla chiesa, primo dei cinque figli di Fortunato detto Gioanin
(1892-1956) - che gestiva il mulino con
due suoi fratelli - e di Zancanaro America (1901-1993), così chiamata perché
era nata in Brasile.
Cantiere Navale Breda - Marghera Piastrina operaio Bruno Guolo Fine anni '30 - inizio '40, sec. XX |
Non essendo possibile
sopravvivere con i proventi di quel piccolo mulino, Bruno iniziò giovanissimo a
lavorare a Marghera, al cantiere navale Breda, come saldatore.
Partiva in
bicicletta al mattino e tornava alla sera.
Aveva un fisico forte, da atleta. Era
una promessa del calcio, giocava come terzino destro e veniva seguito in questa
sua attività da Eliseo, il fratello di Ottorino Alessandrini.
«E poi era uno di compagnia, gli
piaceva suonare la spinetta e a casa nostra era sempre pieno di suoi amici. Io
ero il più piccolo dei fratelli, lui il più vecchio; lo spazio in casa era poco
e allora mi diceva: dai, vieni qua, siediti sulle mie ginocchia», ricorda il
fratello Paolino.
Aveva fatto domanda di andare in
marina, poi venne l’8 settembre. Per un giovane cresciuto respirando l’aria antifascista che aleggiava al mulino
e per di più lavorando come operaio a Marghera la scelta di non presentarsi ai
bandi del regime e di darsi poi alla macchia fu cosa naturale.
«Mio fratello forse era comunista, sicuramente
non era né fascista né democristiano, e il
parroco ce l’aveva con mio padre perché non andava a messa» (11).
Noi non sapevamo dove si nascondesse, neanche mia
mamma e meno che meno io che ero un bambino lo sapevo. Diceva a
mia mamma “vengo a casa io a salutarti, non preoccuparti che siamo in posti
sicuri”. Si diceva che lui e i suoi compagni si fossero fatti
un nascondiglio addirittura sotto una corte di letame.
L’ultima sera
Bruno passò per il paese, ma non si fermò a casa perché temeva di essere
trattenuto dai familiari; andò invece a farsi radere dal barbiere [perché] «il 29 avevano in
programma di trovarci a Treviso con gli alleati e lui voleva essere in ordine» (12).
Documentazione fotografica
(Archivio privato Paolino Guolo)
Sant'Alberto di Zero Branco - Treviso Bruno Guolo - Certificato scuola di religione, Parrocchia di S. Alberto di Cornoleto TV - 1936. |
Sant'Alberto di Zero Branco - Bruno Guolo, con i coscritti della classe 1924 e il parroco don Mario Ceccato. |
Il partigiano Bruno Guolo (a destra) e un amico con le bocce del popolare gioco della "borella", a fianco della canonica di S. Alberto di Zero Branco. |
Tessera Anpi 1963 ad honorem, ai familiari di Bruno Guolo "Un solo nemico: il fascismo" "Liberazione Veneto", Resistenza veneta, Marca Trevigiana, Treviso - Sant'Alberto di Zero Branco |
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Paolino Guolo, fratello di Bruno. |
La partecipazione alla resistenza
di Bruno Guolo
e la sua morte per la libertà dell’Italia,
sono motivo
d’orgoglio per il pronipote Luca Gobbo
(nato in Svizzera da Mauro, figlio di una sorella del partigiano Bruno Guolo)
che a conclusione del suo ciclo di studi
liceali a Berna
ha voluto dedicare la tesi alla resistenza in Italia e nel
Veneto.
«La consapevolezza di appartenere ad una famiglia
di cui hanno
fatto parte dei partigiani
e non dei fascisti mi riempie di orgoglio», scrive
il giovane Luca.
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La via che il comune di Zero Branco ha dedicato
al partigiano Bruno Guolo nel 1972 per iniziativa del
consigliere comunale DC Mario De Marchi
suo compagno di lotta nella Brigata Mameli.
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LUIGI MAZZUCCO
Zero Branco - Treviso - Resistenza - 1945 Luigi Mazzucco, sergente maggiore pilota e partigiano Zero Branco, 7 settembre 1919 Quinto di Treviso, 29 aprile 1945 |
Luigi (Jijeto) Mazzucco
era nato in una casa di contadini benestanti che nell'800 si erano stabiliti a Zero Branco, provenienti dal Cadore (il soprannome di famiglia era infatti Cadorin).
Fra le due guerre il padre di Luigi, Pietro (1881-1953), che - nei ricordi dei familiari fu anche
podestà di Zero - si era specializzato nella coltivazione delle pesche e aveva costruito
un capannone per la raccolta e la lavorazione dei frutti suoi e di altri
produttori del paese, che provvedeva a commercializzare direttamente, tramite
ferrovia, sulla piazza di Monaco di Baviera.
Con i proventi della sua attività Pietro Mazzucco aveva comprato il mulino sul fiume Zero, in centro a Sant'Alberto, dove lavoravano i fratelli Guolo.
La famiglia patriarcale dei Mazzucco di Zero Branco, 1910 ca. Al centro, seduto e intento a tagliare un'anguria, el paron de casa, Piero Mazzucco. Nel quadro alle spalle del gruppo familiare il capostipite Giovanni Mazzucco Cadorin. Vista l'ambientazione, la foto è chiaramente opera di un fotografo ambulante. famiglia patriarcale contadini veneti |
Luigi, dopo le elementari, frequentò le scuole
medie nel collegio dei salesiani di Mogliano.
Arruolato in aeronautica, divenne
sergente maggiore pilota, di stanza a Gioia del Colle. “Una volta, di passaggio sul cielo di Treviso prima dell’8
Settembre - ricordano in famiglia - venne a volteggiare sopra la casa
natale con l’aereo da lui pilotato”.
Nella grande casa dei Mazzucco, o meglio, nel capannone
delle pesche ad essa adiacente, i partigiani - che nella notte fra giovedì 12 e venerdì 13
aprile 1945 avevano assaltato la caserma del 29° Deposito Provinciale della RSI
a Istrana, giustiziando cinque fra ufficiali e sottufficiali e lasciando liberi i soldati semplici - trasportarono parte
del bottino di armi e materiale (13).
[...]
I fatti di casa Mazzucco a Zero Branco, 14 aprile 1945, nella relazione della XX Brigata Nera ''Cavallin'' al 29 Comando Militare Provinciale e agli altri comandi fascisti e tedeschi di Treviso. (Aistresco, b. inv. 15, fondo RSI, fasc. Raccolta relazioni sull'attività ribellistica per la relazione mensile (1945) - S/14; sf. Relazioni Comando XX Brigata Nera) |
Documentazione fotografica
(Archivio privato Lucia e Aldo Mazzucco)
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Zero Branco - Treviso - Resistenza - 1945 Santino funebre del partigiano Luigi Mazzucco di Zero Branco |
Carlo Mazzucco, 1937, Zero Branco: testimone-informatore e cugino di Luigi. |
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(1) Alfedena - dopo l'armistizio italiano dell'8 settembre 1943 e fino alla rottura della linea difensiva tedesca Gustav nel maggio del 1944 e il definitivo passaggio del fronte - venne a trovarsi per lunghi mesi tra due fuochi: l'occupazione dell'esercito tedesco, che si era barricato in quelle impervie località, e i continui attacchi angloamericani. In particolare l'8 ottobre 1943 Alfedena fu sottoposta a un bombardamento americano durato oltre due ore che provocò la morte di 16 civili (più altri 21 nella vicina località di Scontrone).
Questo terribile periodo è stato ricordato nel 2013 dal comune di Alfedena con la mostra storico-artistica (e relativo catalogo con DVD) Storie per tramandare la storia, 8 ottobre 1943-8 ottobre 2013, a cura dell'Associazione socio-culturale SM'ART.
Questo terribile periodo è stato ricordato nel 2013 dal comune di Alfedena con la mostra storico-artistica (e relativo catalogo con DVD) Storie per tramandare la storia, 8 ottobre 1943-8 ottobre 2013, a cura dell'Associazione socio-culturale SM'ART.
Per chi, come gli abitanti di Treviso, ha vissuto sotto i bombardamenti della seconda e della prima guerra mondiale e con il fronte (la linea dal Piave) che attraversava la provincia nel 1917-18 è facile immaginare a quali sofferenze sia stata sottoposta quella popolazione civile.
(2) Enrico Opocher (Treviso 1914 - Padova 2004), filosofo, docente di Filosofia del Diritto e rettore dell'università di Padova, è stato tra i fondatori del Partito d'Azione e membro della Giunta provvisoria di Governo del CLN che assunse il potere in provincia di Treviso dalla Liberazione alle elezioni amministrative del 1946. Fu «un importante elemento di quel ceto intellettuale G.L. [...] che tanta parte ebbe nel lavoro di coordinamento delle forze di Resistenza, nella attivazione dei giovani intellettuali, nel recupero degli illusi in buona fede dal fascismo, nella costruzione di una nuova fratellanza, nella rifacitura di un ceto intellettuale che avrebbe dovuto fare, e in parte fece, la Nuova Italia». (Schiavetto, Op. cit., p. 56). Nel 1949 fu tra i fondatori dell'Istituto veneto per la storia della resistenza, di cui per tredici anni fu anche il presidente.E' sepolto nel cimitero di Ceneda.
[...]
(4) Giorgio Garatti, p. 132 e Pierluigi Tagliaferro, pp. 36-37. Da sottolineare la differenza fra i due autori. Garatti ricorda che Bortolato è morto da partigiano, Tagliaferro lo inserisce nell'indistinto elenco dei morti nella seconda guerra mondiale.
[...]
[...]
(11) «Anche se poi, dopo la morte di Bruno, il parroco fu vicino alla nostra famiglia: ci aiutava economicamente, ci portava la carne quando mio padre era rimasto senza lavoro nel mulino e faceva l’operaio avventizio per il comune». Testimonianza di Paolino Gobbo registrata il 16 gennaio 2014. File 14011601
(12) Testimonianza di Oscar Sartor. Una pagina… , pag. 10.(13) Sulla clamorosa e spietata operazione bellica partigiana di Istrana, si veda il dettagliato resoconto "dall'interno" in Aistresco, fondo RSI, b 15, fasc Attacco dei partigiani a Istrana.
[...]
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Testo completo della ricerca
La memoria dei nove
1 - Il racconto di come furono uccisi
Piccola
ma significativa rassegna di elaborazioni personali del fatto d’arme
del Gambero - 29 aprile 1945 - ricostruite sulla base di voci raccolte e
di “sentito dire” (tranne il primo racconto, citato come testimonianza diretta).
[...]
2 - Il giudizio dei paesani sulla morte dei partigiani di Quinto
Tanto la ricostruzione dei fatti di Quinto è varia e fantasiosa, quanto il giudizio di valore su di essi emesso dai paesani è di una sconfortante unanimità: potevano starsene a casa, i tedeschi stavano scappando, gli americani stavano arrivando…
[...]
Vale la pena pertanto di ricordare il contesto in cui vanno inseriti i
nove partigiani morti a Quinto.
Nei giorni dell’insurrezione, dal 23 aprile al 4 maggio 1945, il Corpo
Volontari della Libertà del Veneto subì 4039 perdite (di cui 1799 morti),
infliggendo al nemico 14811 perdite (fra morti e feriti) e catturando 140.272
tedeschi.
Resistenza veneta 1945, caduti e perdite inflitte al nemico Comando Regionale Veneto del Corpo Volontari della Libertà - Agosto 1945 Perdite subite dai partigiani e inflitte ai tedeschi nei giorni dell'insurrezione (23 aprile - 4 Maggio 1945). Questa tabella, come le due citazioni sotto riportate (gen. McCreery e Egidio Meneghetti) sono tratte da "C.L.N. - Corpo Volontari della Libertà, Comando Militare Regionale Veneto, Azioni militari del periodo insurrezionale..." Resistenza veneta - Liberazione del Veneto |
Inutile l’azione militare dei partigiani?
Non la pensava così il comandante dell'8a
armata inglese McCreery che
nel giugno del 1945 espresse al comandante militare veneto del CVL, Sabatino
Galli “Pizzoni”, il «vivo encomio per l’apporto appassionato e considerevole
che le formazioni volontarie hanno dato alla vittoria sul nemico.L'Ottava
Armata non può dimenticare i vostri 2.200 caduti, le vostre gesta,
coronate dalla cattura di molte decine di migliaia di prigionieri, dalla
soppressione di 15.000 soldati tedeschi, e dal salvamento di tanti
impianti vitali che ha agevolato molto l'avanzata alleata».
Valore della lotta partigiana
Forse peccano di troppa
retorica e di un ottimismo fuori luogo le parole con cui Egidio Meneghetti,
presidente del comitato regionale veneto del CLN (professore e futuro rettore dell’Università di
Padova) si rivolse nel luglio del ‘45 al comandante del CVL: «Per virtù vostra
e dei volontari da voi comandati, si è coronata degnamente ed epicamente
l’opera di cospirazione innalzando l’Italia dalle bassure soffocanti della
sconfitta, alla pura atmosfera della vittoria. Dobbiamo a voi tutti, se l’Italia
oggi può chiedere, a buon diritto, di essere annoverata fra le Nazioni
vittoriose».
L’Italia
verrà considerata dagli alleati tutt'altro che una
“nazione vittoriosa” ma, dalle forze politiche che parteciparono alla
resistenza, nacque quella costituzione che sarà anche vecchia, da
aggiornare e
modernizzare, ma che
da settant'anni garantisce la nostra convivenza democratica.
E questo, quando capita di passare davanti alla stele con i nomi dei partigiani morti sulla strada per Quinto, è buona cosa ricordarlo.
Cippi partigiani, Cippo partigiano - Strada Noalese presso Quinto di Treviso -
Il monumento ai nove partigiani di Giustizia e Libertà uccisi il 29 aprile 1945
durante l'insurrezione finale della resistenza. (Foto: 4 agosto 2019) |
[...]
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Monumento ai partigiani uccisi dai tedeschi sulla strada Noalese (Al Gambero, Quinto di TV) Domenica 29 aprile 1945. (Google Street View) |
(*) Il geometra Napoleone Bresolin, prima di diventare sindaco di Quinto nominato dal CLN (dal 24.5.1945 alle elezioni del 1946) era stato nel 1944 reggente il comune di Zero Branco. Da fine ottobre 1944 alla liberazione fu commissario prefettizio dello stesso comune di Quinto. Fra i primi atti della nuova giunta quintina, democraticamente eletta il 7 aprile 1946, ci sarà la concessione della cittadinanza onoraria a Bresolin "forgiato dalla dura lotta clandestina cospirativa". (Santangelo, passim).
Da commissario del comune di Zero Branco era stato anche fermato e condotto a Treviso "per accertamenti" dalle brigate nere in occasione dell'imboscata fascista del 18 novembre 1944 in casa Smeraldo, località Cannaregio, contro un gruppo di partigiani della brigata Mazzini scesi in pianura e denunciati da Egidio "Nina" Simonetti. (Maistrello, p. 114).
Il volantino che il 1° maggio 1945 la federazione provinciale del Partito d'Azione di Treviso dedicò ai partigiani caduti a Quinto:
Carlo Bortolato, Vito Rapisardi, Bruno Chiarello, Francesco Colamarino
Bruno Guolo, Ottorino Alessandrini, Luigi Mazzucco, Rino De Vecchi
Ad essi va aggiunto il civile Emilio Schreiber, abitante neipressi dello scontro e fucilato dai tedeschi. (Aistresco - b. inv. 45 - Carte Fusari Pietro) |