lunedì 22 agosto 2016

“Chi me lo ha fatto fare” - La Resistenza a Treviso nel diario di un partigiano ragazzino


Sante Bovo aveva quindici anni e mezzo quando iniziò a collaborare con la Resistenza, incoraggiato dall'amico Bruno Rossi, di qualche anno più vecchio e pure lui ex allievo delle scuole commerciali "Fabio Besta" di Treviso.
Dal novembre 1943 fu ricognitore e staffetta per conto del SIM (Servizio informazioni militare) il cui referente a Treviso era il s.ten. Galliano Boccaletto.
In sella alla sua bicicletta (marca “Benotto”) teneva i contatti con la fitta rete di agenti del Servizio e percorreva anche cento chilometri al giorno, con qualsiasi condizione atmosferica e su ogni tipo di strada, in ricognizioni lungo gli argini dei fiumi veneti per appurare lo stato di avanzamento dei lavori di fortificazione tedeschi in vista di un possibile sbarco alleato sull'alto Adriatico.
Nell'ultimo periodo della guerra di liberazione si aggregò a “quel manipolo di persone che agiva nella zona di Silea”, cioè il battaglione autonomo Amerigo Perini della brigata garibaldina Negrin, con cui partecipò ai giorni dell’insurrezione e all'occupazione del capoluogo.
Sante Bovo nel 1965
Il diario (più propriamente si tratta di una “memoria autobiografica”), fu stilato fra il 1965 e il 1967 in 143 cartelle dattiloscritte, conservate - prive di copertina - nell'archivio dell'Istresco. (Fondo Scritture Popolari, b. 1).
Ha il pregio (per i trevigiani di Treviso”) di essere uno dei pochi documenti sulla Resistenza scritti in prima persona da un loro concittadino.
L'autore usa un “italiano popolare” e divaga spesso in personali considerazioni filosofico - esistenziali che rendono non sempre agevole la lettura. Costante è lo sforzo di far comprendere il perché del proprio impegno individuale nella guerra partigiana e, più in generale, l’importanza del movimento di Resistenza.

Significativo al riguardo il modo con cui Sante Bovo spiega l’origine del titolo Chi me lo ha fatto fare, dato alle sue memorie: “un titolo curioso che mi è venuto spontaneo. Senza pensarci”. Un titolo, aggiungiamo, "senza punto di domanda". Quella di Bovo non è una recriminazione, ma una fiera rivendicazione della sua scelta resistente.
Dopo aver ricordato la situazione venutasi a creare dopo l’8 settembre 1943: «Cose strazianti nel vedere la migliore gioventù, con l’8 settembre, sparpagliarsi. Senza più comandi, demoralizzata, braccata. E pieni di paura non sapendo cosa fare … Treni completi tu vedevi passare caro Walter [il figlio, cui le memorie sono dedicate], pieni di soldati. Piombati come bestie in carri merci, affinché non fuggissero», precisa che essendo giovane e in possesso del titolo di terza commerciale avrebbe potuto benissimo trovare un’occupazione «in tanti ben rimunerati posti, non essendo obbligato per l’età giovane al richiamo di leva. […] Potevo così in questa maniera aiutare la famiglia. E dare un tono tutto diverso alla mia esistenza. Ma in questi casi non si possono servire completamente due padroni. E scelsi spontaneamente, come cosa naturale, la strada più dura. Quella della “RESISTENZA”».

Merita essere ricordato il modo in cui le carte di Bovo furono recuperate da Ettore Bragaggia.
«- Chi l’ha trovato quel diario?
Il prof. Teodolfo (Toto) Tessari
negli anni '70. Alle sue spalle il rag.
Bruno Marton, sindaco DC di Treviso, 
- durante la Resistenza - esponente della DC 
in seno al CLN provinciale di Treviso.
(Da E. Bragaggia, I miei primi 90 anni)
Lui l’aveva consegnato a Toto Tessari perché gli desse la sua opinione. La sua opinione io non l’ho mai saputa. Quando morì Toto [marzo 1982] … aveva un cugino da Mestre, anziano, che ha detto: “Questa roba la porto via io, e dopo, in caso…”.
No, ho detto: qua è scritto “Documenti partigiani”, e lei non porta via niente. […]
Guardo per vedere se c’è roba interessante, e […] ho visto buttate là tutte queste carte, giornali… perché, come tutti, si compra e si mette là. […]
01:26 Fra quelle carte ho visto questo blocco. […] Ho dato le carte all’Istresco e ho avvertito sua moglie - che conoscevo bene - che quello che aveva scritto suo marito l’avevo dato all’Istituto. […]
- Dove abitava Bovo?
So che abitava in una laterale della Fiera, ma non so dove, perché non sono mai andato a casa sua.
02:33 - E di mestiere, cosa faceva?
Era in fonderia. Prima lavorava in una fonderia di Treviso, dopo è andato a lavorare in una fonderia a […], andava via alla mattina e veniva casa alla sera, o  non mi ricordo se venisse a casa una volta alla settimana. Mi sembra verso Vicenza.
- Operaio?
Operaio, operaio… fonditore. Bravo ragazzo. Eh, l’ho qui davanti agli occhi!»
Del diario di Bovo riportiamo le pagine dedicate alla fase finale della guerra partigiana.
* * *


Sante Bovo, 1928, partigiano di Treviso: dati anagrafici e stato di servizio.
Trascrizione del "Libretto personale". (Pagine 10 e 11 del "Diario").

Il ten. Galliano Boccaletto, responsabile del Servizio Informazioni del CLN di Treviso
e in contatto con il S.I.M. (Servizio informazioni militare) del Regno del Sud
medaglia d'argento al valor militare, elogia le sue staffette 
e i suoi ricognitori: Pietro Galante, responsabile dei collegamenti;
Clementina Basso, Sandro Sartorello, Giuseppina Crosato
e Gianni Zambelli (staffette); Amerigo Zavan capogruppo,
Mario Dichiara e Sante Bovo ricognitori.




Trascrizione del testo di Boccaletto

E' doveroso segnalare l'ottimo servizio svolto per lunghi mesi con grande senso di abnegazione e disciplina dalle staffette del S.I.M.
Il loro sforzo, prodigato in silenzio giorno per giorno, permise all'organizzazione del servizio di mantenersi efficiente e proficua anche tra l'imperversare di rastrellamenti e persecuzioni.
Non meno encomiabili , per grande spirito di sacrificio e volontà, sono gli elementi ricognitori del nostro servizio, ragazzi instancabili che hanno percorso senza formulare mai la minima obbiezione centinaia di chilometri in bicicletta, molto spesso sotto la pioggia invernale, per raggiungere le zone da perlustrare e rilevare quanto era loro ordinato. Spesso accadde che, superando le zone militari e interdette ai civili, fossero catturati e perquisiti centimetro per centimetro, con grandissimo rischio, dato che, quasi sempre tenevano con loro schizzi, piante e note relative allo spionaggio.
Segnaliamo quindi gli elementi che meglio si distinsero nei suaccennati servizi [vedi - sopra - la didascalia]
Propongo pertanto che ai suaccennati patrioti venga dato per iscritto il ben meritato elogio.
Il responsabile del servizio
F/to Boccaletto Galliano
(Relazione di Boccaletto al Comando Militare Regionale Veneto del Corpo Volontari della Libertà, datata 15 maggio 1945, presente in  Biblioteca Digitale Lombarda)


* * *

Notizie su Galliano Boccaletto e sull'attività del
Servizio Informazioni del CLN provinciale di Treviso

Dalla relazione sopra citata sappiamo che il s.ten. di fanteria Boccaletto (classe 1921) sostituì nel comando militare provinciale del CLN di Treviso, per conto della DC e dei Cristiano Sociali, il magg. Urbano Pizzinato dopo il suo arresto avvenuto nel luglio del 1944. Mantenne questo ruolo fino a quando fu a sua volta arrestato da tedeschi e fascisti, a San Biagio di Callalta, all’inizio di novembre del ’44. [Cfr. Favero, Inesorabile piombo nemico, pp. 39-44).
A Boccaletto era stato assegnato dal comando militare provinciale l’incarico di responsabile del Servizio Informazioni e del collegamento con le varie unità partigiane della provincia.
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L’attività del S.I. del CLN trevigiano
Per le informazioni militari, erano utilizzati informatori infiltrati nei comandi nemici della città e dei vari mandamenti della provincia; funzionava un capillare servizio di controllo sul traffico ferroviario e stradale; a un piccolo gruppo di giovanissimi ricognitori era stato inoltre affidato il compito di rilevare, anche a lunghe distanze, tutte le informazioni che i comandi provinciali e regionali di volta in volta richiedevano.
Le notizie più importanti “previo consenso del comando militare provinciale” venivano poi fornite tramite radio alle Missioni Alleate.
I collegamenti con le unità partigiane avvenivano con frequenza settimanale e talvolta bisettimanale.
Particolare importanza era data alla falsificazione dei documenti, attività che aveva nell’incisore Domenico (Memi) Gasparini il suo punto di forza per i timbri, mentre una tipografia [della quale chi scrive non conosce il nome] provvedeva alla stampa di documenti cartacei falsi (tessere varie, documenti di circolazione, carte identità, ecc.).
- - -
Liberato, dopo l’arresto del novembre ’44, Boccaletto si recò a Milano dove «entrò in contatto e prestò servizio come Ufficiale nel Servizio informazioni militari del Comando Alta Italia, Gruppo Montezemolo».
Rientrato a Treviso nel 1945 continuò l’attività di informatore ma fu nuovamente arrestato il 20 aprile 1945 dalle brigate nere, a Paese, in casa di Rino Contò, comandante della brigata partigiana democristiana "Zancanaro". Portati al Pio X, i due subirono "penosi interrogatori" e "ogni sorta di torture" e saranno liberati il 27 aprile "ad opera delle Autorità Ecclesiastiche e di personalità civili". (Relazione di mons. Attilio Andreatti, parroco di Paese, in Cronistorie di guerra ... 1939-1945, p. 1192).
Oltre all'organizzazione del servizio informazioni, Boccaletto si impegnò anche nella costituzione di unità militari partigiane sia in provincia (battaglione Livenza e battaglione Castelfranco) sia in città dove, “fin dal lontano ottobre 1943”, contribuì alla formazione del battaglione Treviso.
In merito alla sua collaborazione con le Missioni Alleate, Boccaletto cita, per il primo periodo la missione “Lupi” e la “M.R.S. - Marini Rocco Service” .
È certa tuttavia anche la sua collaborazione con la missione Margot-Hollis, dipendente dal servizio segreto americano (OSS) e diretta dall’avv. veneziano Pietro Ferraro che, in uno scritto del 15.5.45, precisa: «Il Comitato di Treviso dava le notizie alla missione Rocco [del SIM italiano in collaborazione col SOE inglese]. Io ho ritenuto opportuno non interferire  con questi servizi, ed organizzare un servizio indipendente con persone molto serie ed oneste che eseguirono esattamente i miei ordini». (Chiara Saonara, Le missioni militare alleate…, p. 310).
Quanto a Boccaletto, così Ferraro riassume il suo operato: «Mi ha fornito la casa da cui ho trasmesso per il mese di novembre [1944] da Treviso. Era capo del servizio informazioni del CLN di Treviso, e mi passava tutte le informazioni ricevute, e ne ricavava altre secondo le mie istruzioni, sino al suo arresto avvenuto a dicembre. Con me si è comportato in modo ottimo. […] ». (Saonara, Op. cit., p. 306)
Galliano Boccaletto (di Luigi e di Boccaletto Assunta), sarà decorato con medaglia d’argento al valor militare con questa motivazione:
«Giovane ufficiale di complemento, si votava fra i primi alla lotta di resistenza e alla costituzione di reparti partigiani.
Chiamato, per le sue spiccate doti di mente e di carattere, a dirigere un rischioso servizio informazioni, vi si dedica con ogni energia conseguendo, in lunghi mesi di dura e strenua lotta, brillanti risultati, nonostante fosse stato arrestato, rilasciato e posto sotto sorveglianza.
Catturato di nuovo, sopportava fieramente sevizie e torture finché l’avvento della vittoria lo salvava dalla fucilazione già decretata nei suoi riguardi.
Treviso, settembre 1943 - aprile 1945 / Decreto 22 marzo 1967 - G.U. 152/67».
(I trevigiani e Treviso nella guerra di liberazione… I decorati, p. 37)


La radio della missione alleata Margot-Hollis

Radio ricetrasmittente militare usata durante la Resistenza dalla missione Margot-Hollis,
dell'OSS (Office of  Strategic Services - servizio segreto americano); responsabile il veneziano
Pietro Ferraro, radiotelegrafista il modenese Dario Lelli [Leli].
La missione fu operativa in Veneto dal luglio 1944 alla fine della guerra,
inizialmente nella zona a sud-ovest di Belluno. Da ottobre 1944 la Margot-Hollis
operò con tre radio, nelle zone di Treviso, Padova e Venezia.
A Treviso « ... funzionò in una casa fornita da Galliano Boccaletto, poi, scoperta la casa, in Villa Marcello a Preganziol, essendo stata requisita questa villa dai tedeschi, in Villa Rota a Preganziol; essendo stata requisita d'improvviso anche questa villa
(in questa occasione furono perdute batterie, cifrari e antenne),
in casa fornita da Gianni Zambelli a Treviso,
infine in casa dello stesso Zambelli». (Saonara, Op. cit., p. 270).
La foto della radio è tratta dal libro ''Dario Leli, Classe 1923. Per cieli per mare e per terra''
di Anna Gemma Leli e Claudio Leli (online su myheritage.it).
Dal confronto con la testimonianza di Daulo Foscolo, collaboratore di Ferraro e
"addetto alla cifra e al servizio della radio nella zona di Belluno da luglio a ottobre [1944]"(Saonara, Op. cit. p.277), si evince che in questa foto è riprodotta solo una delle componenti
della radio «perché le radio erano formate da 3 pezzi e 4 batterie [...]
e poi le batterie bisogna caricarle quindi occorre il caricatore [...] ».
(Intervista di Maria Teresa Sega, 22.3.2004, corredata da due foto di Eleonora Miller)


Gianni Zambelli, partigiano repubblicano di Treviso.
Come collaboratore del servizio d'informazioni
ospitò nella sua casa la radio della missione Margot-Hollis. 

(Archivio Istresco, ID 546 - n. inv. 045)

“Diario” di Sante Bovo: gli ultimi giorni della guerra partigiana a est della città di Treviso

Capitolo X  (da p. 64 a p. 75)


Azione degli ultimi giorni (Titolo originale)


«Decidemmo allora, anche consigliati da mio fratello Gino che aveva dei contatti […] di unirci a quel manipolo di persone che agiva nella zona di Silea, Roncade, Cendon, ecc.
Qui trovai i fratelli Perini. Sandor e Armando, fratelli del prode combattente Berico [Amerigo] Perini trucidato a Venezia, e che in precedenza ebbi modo di conoscerlo, e tanti altri.
Debbo dire che in un primo tempo questa Brigata chiamata “Negrin”, era formata da pochi elementi. [In realtà si trattava di un battaglione autonomo della brigata Negrin, il btg. Perini, con i fratelli Sandor/Sandro e Armando Perini rispettivamente comandante e capo di S.M. e Antonio Sellan commissario di guerra].
L’elemento uomo di questa formazione, eccezione dei quadri, era formato da persone di provenienza diversa. Chi aveva appartenuto alla Nanetti [Divisione Garibaldi “Nino Nannetti”, Vittorio Veneto - Cansiglio, comandante Francesco Pesce “Milo”], chi alla Wladimiro [Brigata garibaldina d’assalto “Wldimiro Paoli”, comandata da Silvio Fantin “Dardo”] chi come io e Cesare al S.I.M, ecc. […] L’affiatamento però fra tutti era proprio come dice la definizione del verbo, e oso dirlo ma più che fratelli, anche se si aveva modo nel pensare diverso.
Io e Cesare fornimmo a questa Brigata diversi Mauser, ma non ricordo come potemmo averli.
Come dissi eravamo in pochi, ma dopo giorni diventammo tanti e questo vuol dire che la popolazione: - e come per incanto saltarono fuori armi di tutte le specie, sentiva questo movimento d’insurrezione.
Furono prontamente istituiti dei posti di blocco in tutta la zona, per far sì: che alle volte qualche
delatore non corresse presso qualche comando nemico per avvisare, e fare isolare codesta zona, che era la più organizzata: con un impiego pronto di truppe nemiche.
Accantonamenti di truppe sia tedesche che fasciste erano ancora ben inquadrate e disponevano di un volume di fuoco molto superiore, e, sempre lo scontro fosse avvenuto di giorno e diretto, noi penso saremo stati ora  a passeggiare, come dicono gli indiani, nelle verdi praterie.
Ma questo noi l’abbiamo evitato, bastandoci solo ed essendo in ultima [alla fine della guerra] di controllarli, senza essere visti, nei loro movimenti.
Tanto più noi si era soltanto armati di armi leggere, a parte che disponevamo di Panzer Faust e alcune mitragliatrici leggere di tipo inglese e qualche Machines tedesco.
Resa della contraerea tedesca di Silea  (pp. 66 -67 - Sottotitolo del curatore)


Blocco e rastrellamento di una colonna tedesca  (p. 67 e pp. 70-73 - Sottotitolo del curatore)

L’attenzione ora era tutto rivolta alla colonna tedesca che risaliva la Triestina. Riuscimmo a bloccarla e tanti Tedeschi si dispersero nella campagna. (fuggirono)

Furono scelti per questa azione, sempre accenno anche a possibili colpi di testa del nemico, incalzato poi anche dalla colonna corrazzata Americana, gente che sapeva sparare e i più scapoli.
Il rischio era grande
Dovete sapere però che erano terrorizzati e chissà quanta propaganda assorbito, dal fazzoletto rosso.
Forse era vero e forse non ha torto il sangue.
Rosso è il sangue.
Vi era gente in mezzo a noi già braccata, gente che aveva visto tanti compagni morti, gente che aveva duramente sofferto, gente seviziata, gente impotente che aveva avuto la propria madre massacrata senza colpa, che aveva avuto la casa bruciata, gente che aveva deportato il loro congiunto. Gente insomma che aveva visto tante storture. [...]

Fine aprile 1945, strada Triestina (Callalta?).
Blocco e cattura di una colonna tedesca da parte di partigiani
della brigata Negrin, a est di Treviso. (Diario Sante Bovo)

Tanti tedeschi di questa colonna si dispersero nella campagna e compito nostro fu il rastrellamento di casolare in casolare, di siepe in siepe e fino anche nei fossi.
Ricordo che erano nel senso completo terrorrizzati, sovvenendomi questo piccolo episodio.
Il fermo della colonna ed il conseguente rastrellamento della zona fu effettuato da diverse Brigate e formazioni, ed il tutto sincronizzato, e così anche il rastrellamento. (Ora finalmente toccava a noi)
Il rastrellamento fui effettuato in gruppi di due uomini a due.
Due uniti e due distanziati di circa cinquanta metri, ed il tutto sventagliato a cerchio nella zona da rastrellare, e con una punta, più punte dico, pronte ad intervenire al minimo accenno di sparo. Le punte erano formate da più uomini, e soltanto la punta più vicina allo sparo, doveva intervenire.
Erano con precisione due semicerchi a destra e a sinistra della Triestina.
Io mi trovavo nel semicerchio sinistro.
Il diametro era formato dalla colonna tedesca corrazzata immobilizzata e ben guardata dai nostri.
Il rimanente dei nostri controllava un bel tratto della Triestina. (strada)…
Dei contadini più a cenni che a parole chiamarono.
Femmo cenno agli altri due che a poca distanza ci seguivano d’appostarsi.
Capimmo da tutto quel gesticolare, che un tedesco armato era in casa loro, e che loro per paura erano scappati.
Mi avvicinai assieme al mio compagno alla casa senza timore, ma sempre imbracciando il mitra.
In quale stanza si trovava?
Che gesto avrebbe fatto?
Chiamai nella sua lingua più volte, facendogli presente che la guerra era finita.
Scese da fienile, che era sopra la stalla.
E a mò di banderuola teneva il fucile e le gambe.
Presi il suo fucile in consegna e passai le bombe a mano al mio compagno.
Raccomandai a questo soldato, ed in quel momento non sentivo che era nemico, di tenere ben alte le braccia
Camminavo lento. Domandando sempre nella sua lingua se era sposato?
Se aveva figli?
E camminava sempre a spalla a spalla come instupidito guardandomi.
Come fossi stato un girasole.
Le domande erano secche. Ma il suo sguardo era fisso sempre nel fazzoletto rosso che indossavo.
Così come questo e tanti altri, con il mio camminare lento consegnai agli Americani.
[…]
Terminata l’operazione, incontrammo e festosa era, e come noi, anche l’unità corrazzata Americana che aveva fatto passeggiata.
Tanti sorrisi e tanti abbracci.
Ma ora penso; il tutto dei Tedeschi fu preso allora in consegna da loro, o da chi?... Ma!...
Mangiai ben volentieri un arancio, (erano anni che non ne vedevo) e mi dettero anche del cioccolato.
Scalai volentieri come libero un carro armato. (Issato)
Ma a quale prezzo?

Come ricordo di persone mi sovvengono: i Perini, Lidia, Nello, Romeo, Cesare e Gino detto pansa, e tanti altri che sarebbe lungo elencare.
E così liquidata ogni piazzola, la colonna tedesca, ed altri piccoli focolai, la zona era libera».


Nota


Nessun accenno specifico al rastrellamento di una colonna corazzata tedesca nei giorni precedenti la liberazione di Treviso è presente nel diario storico del btg. Perini. E' probabile quindi - in mancanza di testimonianze dirette - che il rastrellamento di cui parla Bovo sia in realtà quello avvenuto il 1° maggio a Monastier [che si trova sulla traversa interna che da Olmi (SS. 53) conduce a Fossalta e alla SS.14 "Triestina"]. Il primo maggio infatti il comando della Perini provvide a inviare a Monastier «un gruppo armato che contribuì, sia pure in piccola parte, alla resa delle forze nemiche». (Diari storici... , p. 387).
In quella data, al mattino verso le 8 (c'informa l'intendente "Maurizio", Diari storici… , pp. 385-386), a «Monastier stava avvenendo la battaglia che purtroppo ha fatto ancora una volta vittime tra i compagni e la popolazione. Dalla mia staffetta e dalla popolazione che fuggiva terrorizzata appresi che questa colonna era composta di circa tremila uomini equipaggiati ed armati efficacemente.
Stetti sulle mie appostazioni [con circa 70 uomini bene armati] fino all'arrivo di due autoblinde alleate che informate di quanto accadeva ritornarono a Treviso. Nel frattempo caccia alleati individuavano il combattimento persuadendo così i tedeschi alla resa.
Già sul posto, col mio gruppo collaborai con gli alleati sopraggiunti destando la loro ammirazione per il forte appoggio dato liberando anche due prigionieri neozelandesi catturati dai tedeschi.

I miei uomini portarono al Comando alleato circa 20 tedeschi con tutto l'equipaggiamento completo ma la maggior parte vestiti da borghesi».




Relazione del parroco di Spercenigo sul posto di blocco partigiano a Olmi, sulla Triestina

Posto di blocco partigiano della brigata democristiana Badini
a "Olmi di Spercenigo", sulla - SS. 53 Postumia (Triestina/Callalta).
(Cronistoria del parroco di Spercenigo don Giovanni Marangon, 27-29 aprile 1945).

Trascrizione


« ... Il 20/IV mentre il Giacomini [Walter] si trovava nella Caserma dell'esercito repubblicano a Carbonera, le Bande Nere si presentarono colà per ucciderlo. Fortunatamente, aiutato da un suo comandante, riuscì a fuggire per essere pronto la mattina del 27/IV - quando come Vice-Comandante, guidava i partigiani della Brigata "Badini" alla riscossa contro il nemico. La brigata appostò in località Olmi di Spercenigo, impedendo ogni passaggio al nemico. Un tedesco che si rifiutò di sottomettersi colla macchina che guidava, venne ucciso. Il cadavere fu deposto al Cimitero locale e alcuni documenti che teneva, con pochi biglietti da cento, vennero consegnati all'Ufficio Prigionieri di guerra presso la R.ma Curia di Treviso. Altri tedeschi con molti fascisti catturati vennero inviati alla Cartiera Burgo. L'azione terminò coll'arrivo degli Alleati che raggiunsero Fagarè della Battaglia la sera stessa del 29/IV/45».


Al posto di blocco di Olmi di cui parla il parroco di Spercenigo parteciparono anche partigiani di Giustizia e Libertà del btg. Vito Rapisardi (distaccamento di Roncade) e della Brigata garibaldina Wladimiro Paoli, alla quale gli uomini di GL si erano in quei giorni aggregati.  (Diari Storici... , pp. 725-726).
Fu in quell'occasione che venne arrestato il vicecommissario Gaetano Collotti, dell'Ispettorato Speciale di Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia, di Trieste, organismo alle dirette dipendenze del Ministero dell'Interno della RSI ma di fatto sotto il controllo delle autorità tedesche che governavano Trieste e il Litorale.
Collotti, all’interno dell’Ispettorato, aveva dato vita a una squadra speciale (la “banda Collotti”) attiva nella lotta antipartigiana e nella persecuzione degli ebrei.
Sarà giustiziato dai partigiani nella cartiera di Mignagola.
Sulla sua morte si dilunga Serena (I giorni di Caino, pp. 280-283), che si concentra inoltre sulla presunta scomparsa, nell'occasione, di un grosso quantitativo di denaro e di oro, tanto da titolare il capitolo "L'oro di Olmi". Niente dicendo però sulla precedente attività del Collotti e dei suoi uomini, zelanti servitori della RSI fascista agli ordini dell'OZAK Operationszone Adriatisches Küstenland nazista.



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